Le famiglie Spera e Luce e il terremoto del 1915

Da un racconto di Maria Spera (figlia di Pietrantonio e Luisa Luce) scritto nel dicembre del 2014

Vorrei raccontare brevemente, per quello che so, di una storia bella e nello stesso momento triste dei miei genitori accaduta intorno agli anni 1906-1907. Mio padre Spera Pietrantonio, classe 1886, all'età di 10 anni, resta orfano a causa di un'improvvisa morte del padre Filippo, deceduto a causa di un malore. Mia nonna Giovanna, rimane vedova con un figlio minore e il 2° figlio nel grembo. Alla nascita gli sarà dato il nome del genitore, Filippo. La vita di mia nonna e di mio padre sarà molto dura. Per una donna con 2 figli minori sopravvivere non era per niente facile.

Il fratello di mio nonno, ancora celibe, si prese cura di loro. Il suo nome Erasmo, detto Rasimuccio, o anche "Capitano" dalla sua presenza molto imponente e nello stesso tempo molto buono e mite. Noi nipoti, era lui nostro nonno, lo abbiamo amato moltissimo e lo ricordiamo sempre con affetto. Si prestava ai nostri giochi come un bambino. Era un lavoratore senza tregua, non si risparmiava mai. In effetti l'unico sostentamento era ciò che si ricavava dalla terra e dal bestiame. Non c'erano le pensioni, non c'erano altre entrate.

Mio padre, raggiunta l'età matura di 21 anni, tentò la fortuna, come tanti in quel periodo, e si recò in Argentina credo insieme a zio Giovanni Luce, un cugino di mia madre Luisa Luce. Anche da lui ho appreso che in Argentina il loro lavoro era spaccare le pietre che venivano bombardate dalle mine. Questa emigrazione durò tre anni, tanto per racimolare il denaro per costruire una casa e mettere su famiglia.

Mia madre Luisa Luce, vicina di casa di mio padre, vive un'altra situazione. Suo padre anch'egli è emigrato in Argentina sicuramente un po' di anni prima lasciando moglie e due figlie. Luisa nata nell'aprile 1893 e zia Angelina nata nel 1900. Nonno Domenico Luce, questo era il nome di mio nonno materno, non fece più ritorno al nostro paese. Le tre donne per vivere, oltre alle poche coltivazioni che potevano mantenere con le loro forze, si aiutavano facendo dei lavori a maglia, soprattutto calze e calzettini da uomo.

Mi raccontava mia sorella Angela, che si ricordava la nonna Vincenza Peduzzi, che ella era molto ordinata, che prima di uscire per i lavori dei campi metteva tutto in ordine in casa, e che era molto attiva. Morì nel 1934, l'anno della mia nascita.

Ritornando alla storia dei miei genitori, so che prima di tornare dall'Argentina mio padre scrisse per chiedere la mano di mia madre e spesso scherzavano, e questo lo ricordo anch'io, con mio padre che diceva a mia madre: "appena gli ho chiesto di fidanzarsi con me, subito mi ha detto di si !". Mia madre gli rispondeva: "ma io già avevo i pretendenti!"

Così, tornato a S.Anatolia, mio padre fece costruire una casa a due piani e con un bel balconcino. Si sposano il 14 febbraio 1914, un matrimonio molto fastoso per quei tempi, anche se sicuramente molto semplice rispetto ad oggi. Era ritornato dall'Argentina anche zio Giovanni Luce che, talmente era affezionato a questa cugina senza padre, che gettava i confetti con la sementariola. Egli, avendo a cuore la sorte di questa famiglia che non aveva uomini in casa, si voleva sostituire e fungere da padre e fratello. Tutto bello, nasce infatti la prima figlia Angela a dicembre del 1914, a nove mesi dal matrimonio. Un amore che si è protratto nel tempo, sempre gioiosi nonostante le difficoltà della vita.

A gennaio 1915, ad un mese dalla nascita di Angela, un forte terremoto distrugge la casa da tanto sognata. Vivranno per molto tempo in tenda militare, poi si arrangeranno nelle stalle. Solo nel 1924 potranno abitare una casa vera. Nuove case asismiche erano state costruite ed erano pronte ma non si decidevano a consegnarle.

Ancora un'impresa da superare perchè nel frattempo la famiglia si era ingrandita. C'erano i nonni, tre figli, e mia madre aspettava il quarto figlio. A questo punto mio padre si carica del materasso e va ad occupare la prima casa. Mio padre con orgoglio raccontava questo atto fatto per amore per la sua famiglia. Occupò anche la casa per la famiglia del fratello Filippo e man mano anche gli altri fecero lo stesso.