Il Messaggero di Rieti

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Sant'Anatolia: la statua torna a piangere

RIETI - Come prima, più di prima. Da dieci giorni il Santuario di Sant’Anatolia di Borgorose è di nuovo palcoscenico di fenomeni senza un’apparente e logica spiegazione, se non facendo ricorso al mistero della fede.Fenomeni legati alle lacrime che scendono dagli occhi della statua della Santa che campeggia, con i suoi tre metri di altezza, nella navata centrale della chiesa che dà il nome alla piccola frazione del comune di Borgorose.

Dieci giorni nei quali la lacrimazione è stata molto più abbondante che nelle precedenti occasioni, tanto da rendere naso e labbro superiore quasi tumefatti. Un fenomeno che si è in particolare manifestato negli ultimi due venerdì, durante le veglie di preghiera organizzate da Erminia d’Ignazio, la studiosa che da oltre un decennio cura il santuario e che accoglie i pellegrini in visita. Un fenomeno che ha di nuovo richiamato nel santuario una gran folla di fedeli e curiosi, provenienti anche da fuori provincia. Ieri, domenica, la chiesa era stracolma e in molti hanno atteso a lungo prima di poter entrare nel santuario. Gente giunta da Roma e da altre città e paesi del Lazio, da varie zone dell’Abruzzo, da Pescara a Tagliacozzo.

Folla, interesse, partecipazione emotiva e di fede che sembrano però disturbare più del lecito il parroco africano di Sant’Anatolia che, nei giorni scorsi, è giunto addirittura a cacciare dal santuario il fotografo del paese, appositamente arrivato per immortalare la lacrimazione della santa. Un fenomeno, quello delle lacrime sul volto della statua, che ha avuto inizio domenica 15 aprile, durante un matrimonio di una giovane coppia di Avezzano. Mentre il sacerdote celebrava la cerimonia, diversi invitati hanno notato una lacrima che scorreva sul volto della statua bianca di Sant’Anatolia.

La situazione si è poi ripetuta anche nei giorni successivi e la lacrima sul volto della statua è stata fotografata da più persone. Tra le prime ipotesi formulate, c’è stata quella di una possibile, semplice infiltrazione che provoca un effetto simile a una lacrima. Ma i fatti sembrano smentire questa eventualità: la chiesa è stata infatti restaurata dalla Soprintendenza nel non lontano 2005 e non presenta parti umide, nemmeno nella nicchia che ospita la statua di gesso, alta tre metri, nella sua navata centrale.

La Chiesa, come è prassi in queste circostanze, si è mossa con la massima cautela e, da aprile, non è stata ufficialmente aperta alcuna procedura di accertamento sulla natura delle lacrime, né sembra sia intenzione di provvedere a breve. Nel santuario, però, nei primi giorni di maggio, si sono recati in visita un alto prelato della diocesi di Rieti, accompagnato da due funzionari romani. Viceversa, la gente si è mossa da subito e, ora, ha ripreso a farlo con maggiore intensità. Da giorni è un via vai, tutti per salire sull’altare maggiore dove troneggia l’imponente statua della martire Anatolia, un gesso di tre metri, opera di uno scultore cecoslovacco che nel 1898 la volle lasciare in dono alla comunità che l’aveva così generosamente accolto. E pensare che Anatolia non doveva essere stata una dal pianto facile: figlia di buona famiglia romana, fu prima esiliata quassù e poi martirizzata per la sua fede cristiana. Il santuario è da sempre meta di pellegrinaggi, ma stavolta, e soprattutto dopo gi ultimi accadimenti, la storia potrebbe prendere un’altra piega.

Di MARIA LUISA POLIDORI

Tratto da Il Messaggero di Rieti - Online - del 03/09/2012

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