Baldassarre, Campanella e Alessandro Panei
Da un racconto di Antonio Scafati, figlio di Mario Scafati detto "zammazzà", figlio di Ascenza Federici, figlia di Baldassarre Federici - Intervista registrata a S. Anatolia il 25 agosto 2016 - Trascritta e rivista da Roberto Tupone il 15/09/2016
Mi chiamo Antonio Scafati, ed ho 84 anni, sono nato il 10 maggio 1932.
Mio padre si chiamava Mario Scafati ed era figlio di Antonio e Ascenza Federici.
Mario Scafati, nato il 28.05.1905, era della famiglia «de quissi de Mazzucchittu» e veniva soprannominato «zammazzà» che aveva un significato scherzoso: «te pozzano ammazzà».
Baldassarre Federici, detto «il brigante», era il padre di mia nonna Ascenza.
In quei tempi eravamo sotto il Regno dei Borboni e Roma si trovava nello Stato Pontificio, che era un'altra nazione.
A metà del 1800, con l'apertura imminente del canale di Suez, iniziato nel 1859 e inaugurato nel 1870, che dimezzava le distanze verso l'oriente, gli interessi dell'impero anglosassone si spostarono fortemente verso il mediterraneo. Il Regno delle Due Sicilie era una delle prime potenze economiche del mondo, dopo Inghilterra e Francia, e la sua flotta era la più grande del mediterraneo. Il Regno era florido, pacifico e industrialmente avanzato ma per l'«impero del male» esso era un concorrente troppo pericoloso, era un ostacolo da eliminare. Nel 1861, grazie alle oscure manovre della massoneria inglese e piemontese, che con una mano diffamava l'operato dei Borboni e con l'altra corrompeva generali e persone chiave del Regno, grazie anche al colpevole silenzio dei francesi e alla marina militare inglese che cannoneggiava le città del regno prima dell'invasione, avvenne la violenta conquista del Regno delle Due Sicilie e l'annessione al nascente regno d'Italia.
Dopo l'annessione, a partire dal 1862, i nuovi padroni del regno proclamarono una legge che obbligava tutti i maschi dell'età di venti anni, alla leva militare per sette, otto o dieci anni, e nessuno sapeva quando sarebbero stati congedati. Questi, per non fare il militare, fuggivano in montagna, e venivano chiamati «briganti», ma non erano briganti. Andavano dispersi, «uccel di bosco», non tanto per motivi politici, quanto semplicemente per paura di essere strappati alle loro famiglie, ai loro amici, agli amori.
Nel 1862 ci fu la prima chiamata alla leva per i nati nel 1842 e tra questi vi fu Andrea il fratello di Baldassarre. L'anno dopo venne chiamato Berardino Luce (1843-1870), figlio di Gaetano e Maria Peduzzi, che il 30 giugno del 1870 venne assassinato dai militari piemontesi. Nel periodo tra il 1862 e il 1870 furono ventiquattro i giovani ventenni chiamati alla leva militare. Alcuni di loro vennero poi chiamati briganti. I loro fratelli, genitori o parenti, cercavano di aiutarli inviando loro cibo e vestiario. Facendo questo erano passibili di fucilazione o carcere.
Il mio bisnonno Baldassarre aveva tre fratelli.
Lui, Andreone e Francesco erano dei giganti, il quarto, Antonio, era più piccolo di statura e veniva chiamato «Campanella».
Baldassarre era nato a Sant'Anatolia il 18 aprile del 1824. Andava spesso a far legna nei boschi della montagna e, in quelle occasioni, veniva incaricato dalle famiglie dei ragazzi che si erano dati alla macchia, di portar loro un po' di pane e ciò che poteva servire.
Probabilmente uno dei ragazzi che stava in montagna era Andrea, il fratello più giovane di Baldassarre, che aveva 18 anni meno di lui.
Giovanni, il padre di Baldassarre, aveva una vigna accanto alla vigna dei Panei. I Panei stavano sotto e i Federici sopra. Un giorno Campanella andò a guardare la vigna del padre. Alessandro Panei, che era nei paraggi, gli disse: «io devo andare alle vacche a Cartore, agliu fraiale, tu guarda pure la vigna mia».
Alessandro era il «capitano» delle guardie cittadine di Sant'Anatolia. In quel tempo in ogni paese veniva nominata una persona che comandava su tutti gli abitanti. Alessandro quindi andava in giro armato con un «fucile caricato a bacchetta».
Dopo aver incaricato Campanella di guardare la sua vigna, volle fargli un trabocchetto. Fece finta di andar via, come aveva detto, ma poi tornò indietro appostandosi di soppiatto per non essere visto. «Campanella» nel frattempo si era avvicinato alla vigna del Panei per controllarla.
In quel tempo era usanza di portare un fazzoletto rosso attorno al collo, alla maniera dei garibaldini. Campanella cadde nella tentazione e allargò il fazzoletto ponendovi dentro un po' d'uva presa dalla vigna del Panei. Potevano essere due o tre kg., massimo cinque, e se anche fossero stati di più, non era un'azione così grave.
Alessandro, uscito dal nascondiglio, puntò il fucile sul collo di Campanella e lo costrinse a girare per tutto il paese umiliandolo, insultandolo e accusandolo di essere un ladro.
Quando Baldassarre venne a sapere di come il fratello era stato «sputtanato» si arrabbiò e decise di vendicarsi.
Qualche tempo dopo Alessando Panei andò al mulino a Torano. Sembra che fosse il periodo in cui si raccoglieva l'uva, tra settembre e ottobre.
In realtà le fonti ufficiali dicono che era il 6 maggio 1863.
C'era un mulino ad acqua a Torano che, quando era inverno, macinava sempre «alla stesa» mentre quando era estate, e l'acqua del fiume era poca, era stato creato un fossato, lo facevano riempire, poi aprivano le chiuse e il mulino poteva macinare a intermittenza.
Quando Baldassare seppe che Alessandro era andato al mulino, salì in montagna, raggiunse il gruppo dei briganti e disse loro: «guardate che quiu è glitu agliu mulinu! Andategliu a prende e faciategli una pestata de piedi». Baldassare non voleva ucciderlo, voleva solo vendicare il torto subito dal fratello ! I briganti andarono al mulino, presero Alessandro e lo portarono sulla montagna. Lo tennero una notte.
La mattina seguente (7 maggio 1863), lo spogliarono nudo e lo rimandarono a casa. Baldassarre, che riandava su in montagna per legna, lo incontrò sulla strada del ritorno, lo prese e lo riportò dai briganti ai quali disse: «Voi avete tenuto Alessandro Panei qui e lui ha visto tutto, e sa dove siete accampati. Se raggiunge il paese, voi dovrete andare via da qui, perchè lui racconterà tutto ai gendarmi e ai carabinieri che vi troveranno e vi uccideranno tutti !».
I briganti si cominciarono a chiedere cosa bisognava fare e, essendo indecisi sul da farsi, fecero a votazione e la maggioranza decise che Alessandro doveva essere ucciso. Lo presero, lo appesero ad un faggio, e diedero fuoco sotto di lui. «Lo bruciarono vivo !».
I Panei, dato che Alessandro non tornava, andarono al mulino e il mugnaio disse loro: «guardate, sono venuti i briganti e lo hanno portato su in montagna».
I Panei in genere non andavano personalmente a risolvere le questioni, mandavano sempre avanti qualcun altro. Mandarono un tale in montagna, con la scusa che andava cercando una mucca. Questo era un bravo oratore e, dopo aver chiesto della mucca, cominciò a raccontare del fattaccio accaduto a Campanella e parlò male di Alessando Panei per farli cadere nella trappola e farli parlare. I briganti abboccarono e gli dissero: «ma tu, se lo vedessi ora dove sta, ce la butteresti una bracciata di legna?». «E certo che ce la butterei !». Lui dovette rispondere affermativamente, altrimenti avrebbe rischiato di essere ucciso.
Lo portarono quindi davanti all'albero dove era stato bruciato Alessandro, il fuoco ardeva ancora... lui per non essere tacciato di tradimento dovette prendere una bracciata di legna e metterla sul fuoco e più tardi, tornato dai Panei, disse loro: «guardate che l'hanno fatto fuori, l'hanno bruciato !».
Sembra che fu in seguito a questi fatti che anche Baldassarre dovette darsi alla macchia e rifugiarsi insieme agli altri in montagna.
I Panei mandavano sempre qualcuno in giro per il paese a controllare, a indagare, a «spigolare». Uno di questi, con una scusa, andò in montagna e seppe da uno dei briganti che, poiché si stava avvicinando l'inverno, e sulla montagna non si poteva più stare: «stanotte rescendeme alle nostre case, saluteme i nostri parenti ...» - non erano solo di Sant'Anatolia, erano di tutto il Cicolano - «... e ce ne jeme a Roma». Roma si trovava in un'altra nazione.
L'informatore corse subito dai Panei e questi si misero tutti alle poste, dove erano le strade di ingresso al paese.
Baldassarre, raggiunse i suoi parenti, sua moglie, i suoi figli, nella località «Case Vecchie», e fu qui che venne colpito a morte con un colpo di fucile.
Gli altri briganti riuscirono a raggiungere Roma. Poi però, quando venne fatta l'unione d'Italia e anche Roma passò ai savoia, vennero tutti arrestati e condannati al carcere.
«Però, quello che ha sparato al mio bisnonno, non l'ha condannato nessuno! Antonio Panei si chiamava ed era il figlio di Alessandro, quello non l'hanno condannato !».
La storia mi fu raccontata da mia nonna. Io avevo quasi vent'anni quando lei è morta. Me l'ha raccontata e ripetuta non una sola volta, ma tante. Mia nonna era la figlia di Baldassarre. Lei quando hanno ucciso il padre, non era ancora nata. La madre era incinta e lei il padre non l'ha conosciuto.
Dopo la morte di Baldassarre, la moglie che si chiamava Antonia Peduzzi (1823-1902), se ne andò a vivere con gli zii, i fratelli del mio bisnonno, che l'hanno aiutata ad allevare i figli, compresa mia nonna Ascenza.
«Non so altro, so che erano tre giganti e uno normale. Di altro non so niente. Io non posso dire altro».
Antonio Scafati.