Descrizioni Topografiche
Sant'Anatolia - La chiesa della Madonna Addolorata e il cimitero - La chiesa di Santa Maria del Colle - Il Santuario di S. Anatolia - La casa dei Placidi vicina al Santuario - Le Case Vecchie - Fontana del paese di sotto - La pietra scritta - La Via del Trainello e l'Ara della Turchetta - La Via Equicola - La Via dei Marsi e l'ara Placidi - Via del Terrone, Palazzo Placidi e Castrum S.Anatolia - La chiesa di S.Nicola di Bari - Le famiglie a S.Anatolia - Valle Cantu Riu e le tre grandi Aie - Monte del Dente, Macerine e Pinchi - Zona Calecara - Cartore e suoi abitanti - Vita popolare a Cartore - Strade e tratturi - La duchessa - Colle Pizzuto - Grotta de' Gessi, di S.Anatolia, del Palazzo e Fontanelle - La Città di Tora e ritrovamenti archeologici - Zona Dentre Tore - Zona Castiglione - Il Santo Sepolcro - Grotte di S. Costanzo e S. Leonardo - Chiesa di S. Lorenzo a Cartore - Chiesa di San Nicola a Cartore - La denominazione delle terre di Cartore
S. Anatolia e Cartore nei racconti dei testimoni
Dai racconti di Luisa Luce (mia nonna) 18-19/11/1981 - Caterina Lanciotti (mia zia) 24/03/1986 - Adolfo Luce (paesano) Agosto 1986 e Settembre 1987 - Mario Tupone (mio cugino) 23/02/1986 e Agosto 1986 e 01/11/1995 - Angela Spera e Vincenzo Rubeis (miei zii) 19/03 e 27/04/1986 - Eusepio Di Carlo (paesano a Cartore) 04/04/1988 - Giuseppe Tupone (18-27/11/1981) e Maria Spera (1981/1986) (miei genitori) - Bonifacio Federici (10/07/2013) - ed altri
Sant'Anatolia
[Luisa Luce:] Anticamente, prima del terremoto del 1915, il paese si svolgeva totalmente sulla collina superiore... [Caterina Lanciotti:] ...fra il "Terrone" o "La Terra", la "Via dei Marsi" e la "Via della Fonte" o "U'Rapale". Poi quando molti emigranti tornarono dall'America piano piano furono costruite delle case "a'bballe pe' gliù Travineglie" (Via del Trainello), ma poi venne il terremoto che fece cadere a terra molte case. Al Terrone le case erano tutte raggruppate l'una accanto all'altra ed erano separate da alcuni archi di cui oggi ne è rimasto uno sotto la casa degli "Scafati". Di questi archi ve n'erano molti fra il "Terrone", "u'Rapale" e da "Nunzio". Caterina Lanciotti non si spiegava perchè, essendoci tante terre in S. Anatolia, tutti dovevano vivere così raggruppati.
La chiesa della Madonna Addolorata e il cimitero
Entrando in S. Anatolia, dalla parte di Torano, si incontrava inizialmente il cimitero [Luisa Luce:] allora molto più piccolo di quello odierno. Raccontavano i vecchi che anticamente il cimitero era inesistente e i morti venivano seppelliti nelle chiese; la chiesa della "Madonna Addolorata", soprattutto, con le sue 6 od 8 pile nascoste oggi dalla folta vegetazione di ortiche o spini, era prima utilizzata come fossa comune e difatti ancor oggi si notano molti corpi scheletrici accumulati in essa. Queste pile mortuarie, ricorda mia nonna, erano otturate da appositi coperchi in pietra nel modo dei tombini. I non battezzati venivano seppelliti dinanzi il portone della chiesa ("sotte le lunziane").
[Caterina Lanciotti:] La chiesa della "Madonna Addolorata", prima del 1915, era com'è oggi. [Adolfo Luce:] Un po' di tempo fa' un pastore di nome Beniamino, trovandosi a far pascolare il suo gregge vicino al cimitero di Sant'Anatolia e Torano, incontrò alcuni signori che gli domandarono se vicino a quei paraggi (zona "Pizzodente") esistesse un cimitero militare; questi due sconosciuti sembravano del tutto convinti di ciò che affermavano e, poichè Beniamino non sapeva nulla di questo cimitero militare, essi insisterono e poi, dopo alcuni giorni, tornarono di nuovo e gli ridomandarono la stessa cosa. Beniamino riferì la strana cosa ad Adolfo, che dopo alcune riflessioni, concluse che, se quegli sconosciuti erano così convinti dell'esistenza di questo cimitero, forse in quei luoghi veramente vi si trovava. A Torano, nella zona verso "Pizzudente", esiste un posto in cui fu ritrovata la tomba di un generale dell'epoca di Corradino di Svevia e questa zona ancora oggi si chiama col nome del generale storpiato dal dialetto ("Terratuni"). Anche al Monte del Dente è stato trovato anni or sono il corpo di un altro generale della stessa epoca e sembra che "Dente" sia il cognome del generale stesso. Il cimitero di S.Anatolia e Torano pare sia stato costruito solo dopo il terremoto del 1915 e prima di allora i morti venivano sepolti ancora nelle 6 pile della chiesa della Madonna Addolorata. Allora le sei pile erano divise in modo che le donne sposate fossero sepolte tutte in una o due pile, gli uomini sposati in un'altra o due pile, gli scapoli uomini o donne in un'altra o due pile, i bambini ed i vecchi in altre ancora, ecc... i non battezzati venivano sepolti fuori della chiesa "Sotte le lunziane" (sotto le grondaie). Secondo Adolfo il fatto che, dopo il 1915, il cimitero venne costruito proprio vicino "Pizzodente", poteva avere un significato interessante rispetto al discorso di un possibile più antico cimitero militare.
La chiesa di Santa Maria del Colle
Passato il cimitero, il primo fabbricato che si poteva incontrare era la piccola antica chiesa di S. Maria del Colle. Oggi essa è inesistente ma il suo ricordo permane nel nome del territorio di "Colle S. Maria". [Luisa Luce:] Prima del 1915 di essa non rimaneva già nulla. Mia nonna non sapeva neanche che ivi vi fosse una chiesa ma ricorda, dato che ella possedeva un terreno in quei pressi, che durante le arature, spesso si rinvenivano pietre e pezzi di muro. Anche mio padre ricorda i ruderi ivi rimasti al tempo, ma mai nessuno, almeno di quelli a cui mi sono rivolto, si è interessato a questa chiesa. [Adolfo Luce:] Adolfo ricorda che i suoi nonni gli avevano detto che essa venne definitivamente distrutta (dopo il terremoto (?) dopo che sui suoi ruderi il Sig. Placidi decise di coltivarvi e quindi, con l'aratro, la demolì definitivamente. Solo le fondamenta forse scavando possono trovarsi ancora intatte ma il resto è completamente sparito.
Proseguendo sulla via Equicola (che è quella che partendo da P.zza S.Nicola in S. Anatolia, attraversa Torano, Grotti e Villerose e si ricongiunge alla via Cicolana nei pressi di Borgorose; da Torano la via muta il nome), dopo Colle S. Maria (anticamente chiesa di S. Maria del Colle), il primo fabbricato si poteva trovare dopo circa 1 chilometro nella Chiesa-Santuario di S. Anatolia, anticamente adibita a parrocchia.
Il Santuario di S. Anatolia
[Caterina Lanciotti:] "La seconda chiesa importante che esisteva prima del 1915 era il "Santuario di Sant'Anatolia" nel villaggio omonimo. Essa, raccontavano i vecchi, anticamente non esisteva, ma c'era solo la cappellina che si trova ora dentro il Santuario. La chiesa fu costruita poi dai vecchi intorno alla cappellina.
La chiesa di Sant'Anatolia si dice che era piena di "Pile" sotto il pavimento, e che poi, non si sa esattamente in che anno, fu rifatto il pavimento e furono ricoperte con la calce. Comunque, dopo alcuni anni, pian piano, sicuramente per i gas dei corpi che vi erano seppelliti sotto il pavimento, si rialzò e in alcuni punti fece grossi bozzi che ancora oggi ci sono. Si dice che un altro motivo di questo rialzo delle mattonelle è che sotto la chiesa scorre un fiume sotterraneo dimostrato da un pozzo odierno nella villa dei Placidi a Cantu-Riu".
[Adolfo Luce:] La "Campana" che si trova oggi al Santuario di Sant'Anatolia fu tratta ai primi dell' '800 dal campanile ormai crollato della chiesa di San Lorenzo in Cartore. Essa, probabilmente trovatavi fra le macerie, fu di nuovo fusa e ricostruita, ma vi fu impressa, in memoria perpetua, la data di fusione "San Lorenzo 1815" con disegnate due lucertole. Data e nome che ancora oggi dovrebbero trovarvisi stampati.
[Luisa Luce:] Il Santuario, raccontavano i vecchi, anticamente (verso il 1870) cadde in rovina e lo si dovette in parte demolire ricostruendolo più grande ed accogliente. I vecchi raccontano che per la ricostruzione si impiegarono tutte le genti di S. Anatolia che, con ceste e carriole, dovevano trasportare pietre e sassi da luoghi come "La cava de' Mastri" verso Rosciolo, fin nel luogo della ricostruzione. [Caterina Lanciotti:] Nel villaggio basso del paese c'era una zona chiamata "Sagnuanni" (San Giovanni), dove c'era un casaletto piccolo, come la cunetta di S.Anatolia, dedicata al santo.
Sotto il Santuario, verso il centro di "Cantu Riu", ad una decina di metri dal lato posteriore della chiesa, si ergeva la grande muraglia romana in blocchi di pietra poligonali; oggi essa viene utilizzata per sostenere la terra sotto il Santuario e forse [Adolfo Luce:] anticamente veniva utilizzata, ingrandita ed innalzata, come Tempio di Marte nell'antica città romano-equicola di Tora. La muraglia oggi è stata rovinata dalla famiglia Placidi con l'innalzamento su di essa di un altro paio di metri di muro a blocchetti di cemento.
Davanti l'entrata destra del Santuario, sopra la porta, vi è murata nell'intonaco, ben visibile, una lapide con una scritta romana dove si può leggere: L. PETRONIUS C. FAB. EX TES. ST CCCC. La lapide è di forma tondeggiante in alto mentre in basso è squadrata a mo' di lapide da nicchia. La scritta è riportata dal Saletta nel suo libro su S.Anatolia.
La casa dei Placidi vicina al Santuario
[Luisa Luce:] Prima del terremoto, vicino al Santuario, c'era un casaletto con sotto la cantina per il vino. Lì abitavano alcuni Placidi, e fu lì che morì asfissiato il prete di Spedino Cremonini Pasquale.
I Placidi abitavano anche il palazzo del Terrone.
[Adolfo Luce:] Dopo il terremoto del 1915, quando i Placidi si stabilirono nel paese basso vicini al Santuario, e costruirono lì la loro abitazione, quando ne stavano scavando le fondamenta, trovarono sottoterra un pavimento a mosaico molto antico.
Essi, come al solito, per paura delle Belle Arti, mandarono in frantumi quel mosaico cercando di tenere celata la cosa.
Poi però la voce si sparse per S.Anatolia poichè qualche operaio ne parlò con qualche paesano; comunque in quei tempi nessuno ci teneva a queste cose per cui questi fatti, quasi all'ordine del giorno, passarono indisturbati. Questo mosaico fu trovato vicino al Santuario.
In casa dei Placidi c'è un vecchio quadro dipinto prima del 1915 il cui autore è lo stesso della statua di gesso di S. Anatolia (Carlo Alberto Saff - sec.XIX); il pittore volle lasciare un ricordo di se alla famiglia Placidi che lo aveva ospitato e per questo volle dipingere il villaggio di Sant'Anatolia così com'era guardando soprattutto la zona dove sorgeva il vecchio palazzo Placidi.
Non vi era cosa migliore che andare sul colle della Madonna Addolorata dal quale si poteva vedere una delle porte principali del paese, la torretta "Ruetta", cioè i ruderi del castello, la chiesa di San Nicola vista da un lato e alcune case del villaggio. Sopra la facciata della casa dei sigg. Placidi, vicina al Santuario, in alto a sinistra e murata nell'intonaco, vi è una loro iscrizione che ricorda l'epoca della prima costruzione di quella casa: PETRUS PLACIDI FECIT A.D. MDCCXXV (Pietro Placidi la costruì nell'anno del Signore 1725)
Le Case Vecchie
[Luisa Luce:] Passato il Santuario, che si trovava allora isolato fra il verde dei campi arati, proseguendo sulla via per altro 1/2 Km., senza incontrare altri fabbricati, la via si incurvava in basso in un piccolo dosso o cunetta. Al centro di questo dosso, era il luogo chiamato "Case Vecchie" e lì non si potevano notare altro che resti di vecchi muri e grotticelle. [Caterina Lanciotti:] Prima del 1915 le "Case Vecchie" erano come sono ora, con qualche stalletta e con qualche grotticella e muro: dopo il terremoto inizialmente i paesani si rifugiarono nelle grotte delle "Case Vecchie".
Sovrastante le "Case Vecchie" vi era il colle Pago, una grande boscosa, silenziosa collina. [Luisa Luce:] In quel dosso la via si diramava in due parti: un ramo (via Equicola) continuava la sua via prima in piano poi in una ripida salita; l'altro ramo detto "Via del Trainello" conduceva alla fonte del paese, unica risorsa d'acqua allora esistente. Questa fonte (allora scoperta e senza alti muri come quelli odierni) era l'unica fonte del paese.
Tutti, anche i più lontani paesani, per rifornirsi d'acqua, per lavare i panni, per far bere le bestie, dovevano andare in quella fonte. Essa era rigogliosa d'acqua fresca e buona, sempre abbondante sia d'inverno che d'estate. E' chiaro che anticamente essa non era incanalata, ma si presentava nella forma di ruscello come infatti ricorda il nome della valle che dovette bagnare: "Cantu Riu" (o Valle del Rio) = accanto al ruscello.
Fontana del paese di sotto - La pietra scritta
[Mario Tupone:] Circa nell'anno 1946, durante il primo dopoguerra, ci fu un guasto nelle tubazioni della fontana del paese di giù, e, per ripararlo, si dovette ricorrere allo scavo della sorgente, poichè si volevano rifare tutte le tubature. Quando gli operai riuscirono dopo molta fatica ad aprire il tombino, che si trovava al di sopra della sorgente, scoprirono che sotto di esso c'era una grossa pietra modellata molto bene e con una scritta incisavi sopra, minacciosa e poetica, che diceva "Se il masso voi spostate, tutta la valle voi affogate". Ora, se qualcuno avesse spostato il masso, l'acqua avrebbe affogata la valle del Rio, mentre se il masso non veniva spostato per niente dalla sua posizione giusta, il paese di S. Anatolia sarebbe rimasto senza acqua. I tecnici provarono a studiare un modo per poter incanalare tutta l'acqua con tubazioni normali, ma non potendo in nessun modo togliere quel masso per pericolo di allagamento, dopo molti studi capirono di dover lasciare tutti i loro problemi alle tecniche degli antichi, e lì lasciarono la pietra che regolava il flusso delle acque. Oggi la pietra dovrebbe stare ancora sotto la sorgente e molte sono le favole che girano intorno ad essa.
[Mario Tupone:] Nella valle chiamata "Cantu Riu", la roccia si raggiunge ad una profondità di circa 13 metri e poi, scavando ancora un altro metro sotto la roccia scorre un fiume sotterraneo. Per questo le fondamenta della muraglia ciclopica che si trova sotto il santuario di Sant'Anatolia, nel mezzo della valle suddetta, se sono piantate come dovrebbero sopra la roccia, si trovano a circa 13 metri di profondità nel sottosuolo.
[Adolfo Luce] Alcuni anni or sono fu fatto uno scavo sotto la casetta della sorgente sopra la "Vicenna" a "Cantu Riu" e questo scavo servì per verificare alcune cose che non andavano nelle condutture. Ebbene, ad otto metri di profondità, furono trovate delle pietre bruciate dal fuoco (nere di fuliggine) ed alcuni cocci di quelli che i paesani chiamano "pinchi". Questo dimostra che a quella profondità vi sono i resti di una qualche abitazione o eventuale forma di attività umana più remota. Sotto le scuole, alla "Vicenna" a "Cantu Riu", quando furono scavate le loro fondamenta, fu scoperta un'anfora, sempre in terracotta, che però si ruppe nello scavo ed andò perduta. [Caterina Lanciotti:] Anticamente, sotto la "Vicenna" (oggi Campo Sportivo), fu trovata sottoterra una cassetta di legno molto antica, con non so cosa dentro.
La Via del Trainello e l'Ara della Turchetta
La "Via del Trainello" proseguiva in salita molto ripida verso un lato del paese; essa ad un certo punto si divideva e da un lato andava a ricongiungersi alla via Equicola dopo un percorso sempre più erto, dall'altro, mutando il nome in "Via della Fonte", si appianava leggermente ricongiungendosi alla via Equicola.
[Luisa Luce:] nel mezzo della piazza davanti alla chiesa di S. Nicola. La via Equicola, dopo il dosso delle "Case Vecchie", continuava il suo percorso per un centinaio di metri quasi in pianura; poi si divideva di nuovo: un ramo da S. Anatolia andava verso Rosciolo passando per "Fonte o Bocca Valoce"; su di esso, a circa 50 metri di lontananza dall'imbocco della via Equicola, si ergeva un'altra maestosa muraglia detta "Muraglia de' Turchi" o "Ara della Turchetta".
Questa muraglia di epoca Romano-Equicola era fatta di pietre grandiose messe l'una sopra l'altra senza squadratura. [Luisa Luce:] Prima del 1915 essa si trovava isolata; in seguito, quasi a contatto col muro, furono costruiti due casolari, oggi adibiti a stalla, in decadenza.
La Via Equicola
La Via Equicola, superato il bivio con l'altra strada che va a Rosciolo, saliva rapidamente, attraverso stretti tornanti, sul colle su cui era situato tutto il paese di S. Anatolia. Nel punto più alto la via si divideva ancora: da una parte saliva ancora molto rapidamente raggiungendo un altro fabbricato e proseguendo poi anch'essa verso Marano e Rosciolo. [Luisa Luce:] La fabbrica era di proprietà dell'allora ricca famiglia Panei. Essa era adibita a rimessa per la vicina ara per il grano (uno spianato fatto a pallotte di ghiaia). Dopo il fallimento della casa Panei questo fabbricato andò in rovina. La via Equicola, passato questo punto, si appianava e, a pochi metri dal bivio anzidetto, essa incontrava di nuovo l'altro capo della "Via del Trainello" e continuava in un sali e scendi fin verso il centro del paese. La via Equicola finiva nella piazza di S. Nicola di Bari, proprio davanti la chiesa parrocchiale.
La Via dei Marsi e l'ara Placidi
Altre due vie partivano da Piazza S. Nicola e si riunivano fra loro nella Valle del Rio, dove si ricongiungevano alla Via Equicola. Una era la "Via dei Marsi" che partiva dal retro della parrocchia in un'ardua discesa passando fra case oggi quasi totalmente o spallate od adibite a stalle; essa proseguiva e si ricongiungeva in un punto alla via delle "Stalle Oscure". Questa discendeva ancora sempre fra stalle e case fino al centro della valle de Rio dove, risalendo per pochi metri sul colle Paco, si congiungeva alla via Equicola nel mezzo fra la chiesa di S. Maria del Colle e l'altra di S. Anatolia.
L'altra via era quella delle "Stalle Oscure" che dal bivio con la "Via dei Marsi", andando verso il lato alto di S. Anatolia, correva per un Km. circa in salita e lì si divideva ancora: A destra camminava e poi si interrompeva nei pressi di una grande aia per il grano "Ara Placidi". Quell'aia, oggi è scomparsa totalmente a causa della costruzione su di essa di circa una decina di ville. Io la ricordo ancora quando era isolata. La via delle "Stalle Oscure" prosegue ancora forse mutando il nome in "Via dell'Addolorata" per molti Km. fino a "Pie' di Marano". Nel tragitto, a circa 1/2 Km. dalla "Ara-Placidi" o dal bivio suddetto, si incontrava e si incontra ancora l'antica chiesa della "Madonna Addolorata" da me già citata, perchè adibita a cimitero per i paesani sant'anatoliesi; la chiesa è ora diroccata, senza tetto, invasa da folta vegetazione e totalmente incurata.
Via del Terrone, Palazzo Placidi e Castrum S.Anatolia
Un'altra via che partiva da Piazza S. Nicola si chiamava via del "Terrone" ed era un prolungamento della via Equicola. La via del "Terrone" non era molto lunga e dividendosi si univa sia alla Via dei Marsi che alla via della Fonte. [Luisa Luce:] Su di essa a circa 200 metri di distanza dalla parrocchia si ergeva la grandiosa casa a tre piani della famiglia Placidi. Questo era forse il castello di S. Anatolia; grande, ampia, alta, con piccole torri, questa casa dominava assieme alla chiesa di S. Nicola tutta la parte alta del paese. Il palazzo Placidi oggi è distrutto per 2/3. Ne sono rimaste in piedi le grandi stalle, parte di una piccola torre e varie grandi grotte.
Nella parte superiore della stalla, in cui prima potevano entrarvi i carri e i cocchi, è rimasto oggi un ampio rispianato in cemento su cui anni or sono si trovavano delle mattonelle. Questo spianato fu usato in seguito al terremoto come aia per battere l'orzo e il grano. La parte interna delle stalle è retta da una grande e piccola "volta"; l'entrata è a gradini che sembra debbano proseguire, ma si bloccano ad un muro in pietra di epoca recente.
Si nota facilmente il fatto che la stalla prima era molto più lunga di quel che è ora; infatti, sicuramente dopo il terremoto, che l'ha devastata, le porte d'accesso verso la chiesa sono state murate. Forse anticamente un cunicolo poteva unire la chiesa al palazzo. [Luisa Luce:] Prima del terremoto la piccola torre era abitata da una famiglia molto povera [Caterina Lanciotti:] che erano i servi del parroco. La stradina che separava la torre dal palazzo Placidi si chiamava la "Ruetta"; e "Rue" erano in dialetto le stradelle.
[Adolfo Luce:] Il paese, prima del terremoto del 1915, si svolgeva tutto intorno alla chiesa di S. Nicola di Bari ed al "Terrone" ed il nome "Terrone" era lo storpiamento dialettale di "Torrione", cioè il miscuglio fra quest'ultimo vocabolo e l'altro di "Terra" che era un'altra denominazione della zona. In quei tempi tutte le case erano unite fra loro da molti archi di cui ognuno aveva la sua porticina e ai lati del paesino c'erano le porte più grandi, le principali, che venivano chiamate "Le porte del paese". Il paese era sistemato molto bene e che, se si voleva, ci si poteva anche difendere chiudendo tutte le porte. Poichè la zona del "Terrone" sotto terra è tutta vuota, sicuramente lì vi doveva sorgere il Castello di Sant'Anatolia con i suoi sotterranei, passaggi segreti e magazzini.
[Luisa Luce:] Andando più sotto, dominante su tutta la valle, si ergeva il palazzo-castello dei "Placidi" già più volte citato; il palazzo era formato dai seguenti piani: il piano seminterrato adibito allora a cantina per il vino, a rimessa per i carri, a ripostiglio; in quel tempo i carri entravano nel palazzo; le porte erano apribili sia tirando che spingendo, erano cioè a doppi cardini muniti di molla che faceva si che le porte si richiudessero sempre da sole.
Entrati dalla porta centrale, si salivano alcuni gradini dritti avanti il naso, e, passato un piccolo archetto, si guardavano le rampe delle scale che salivano ai piani superiori. I piani superiori erano costruiti un po' indietro rispetto alla porta centrale per far sì che una grande terrazza rimanesse come balcone per il primo piano. La parte veramente abitata del palazzo si trovava allora sul terreno oggi per nulla toccato.
[Adolfo Luce:] il Palazzo dei Placidi era disposto con il piano terra che esiste ancor oggi e, più dietro, con i piani superiori, più d'uno, con una terrazza che veniva ricavata dal soffitto del piano terra che era spostato più in avanti rispetto ai piani abitati veri e propri.
[Luisa Luce:] Sempre da Piazza S. Nicola un'altra via passava in piccola salita al di sopra della chiesa (alle sue spalle), e toccava due grandi are per il grano: la prima era un'ara comunale molto grande che si trovava a sinistra della via ed è ora divenuta una piazza asfaltata chiamata dai paesani "Soprell'ara"; dopo quest'ara, la via svoltava bruscamente a destra giungendo, dopo un percorso totalmente in discesa, all'altra ara di cui ho già parlata: l' "Ara Placidi". L'ara Placidi è ora completamente invasa da case e villette. Si è mantenuto molto ben messo il gran casolare usato come rimessa per il grano.
La chiesa di S.Nicola di Bari
La chiesa di S. Nicola di Bari è la parrocchia di S. Anatolia. Essa, è scritto sul portale, venne restaurata l'anno 1749. Prima di quell'anno, e forse anche per qualche anno più tardi, parrocchia fu il Santuario di S. Anatolia. [Luisa Luce:] La parrocchia di S. Nicola venne in parte toccata dal terremoto del 1915. Il tetto cadde e dovette esser ricostruito con l'aiuto dei sant'anatoliesi. Intorno a questa parrocchia, prima del 1915, era attorniato tutto il paese di S.Anatolia. [Adolfo Luce:] Sotto il pavimento della Parrocchia di S. Nicola di Bari, anticamente dovevano trovarsi delle "Pile mortuarie". [Caterina Lanciotti:] La chiesa parrocchiale di Cartore era sempre quella di "S. Nicola di Bari" a Sant'Anatolia nella quale venivano battezzati gli abitanti di Cartore.
La chiesa di S. Nicola, ricorda Caterina L., fu costruita (restaurata) dai suoi nonni e da tutti gli uomini antichi di Sant'Anatolia, e non era molto antica. Sotto il pavimento non vi erano le pile per i morti. Anticamente, quando lei era piccola, essa era piena di oggetti antichi che poi non si sa che fine fecero. [Spera Angela:] Prima del terremoto le case stavano vicine alla chiesa di S. Nicola e vicino ad essa c'era una pietra che si alzava e sotto c'era una cisterna o pozzo. Quando una casa andava a fuoco, in quel tempo erano spesso fatte in buona parte in legno, si sollevava quella pietra, si buttava giù una corda con un secchio e si prendeva così l'acqua per spegnere il fuoco. Ciò si faceva perchè allora la fonte più vicina era quella di giù sulla via del Trainello.
Le famiglie a S.Anatolia
[Luisa Luce:] La famiglia più importante e ricca era la "Placidi" poi c'erano i "Panei"; e in seguito gli "Scafati", i "Di Gasbarro", gli "Amanzi", gli "Spera", i "Luce", ecc...; i più poveri non avevano nulla, nè casa nè terreni; molti erano braccianti delle famiglie più ricche; altri servitori; altri erano modesti ma indipendenti perchè possidenti. Gli "Spera" ed i "Luce" facevano parte di questa categoria; essi avevano la loro casa, avevano alcune terre e non dovevano per forza lavorare sotto padrone. C'erano periodi per loro molto felici ma altri molto terribili. Essi non erano molto ricchi ma neanche troppo poveri. Non potevano metter soldi da parte ma riuscivano ugualmente, senza doversi sottomettere troppo ai padroni, a "Campare alla meglio". Essi si potevano permettere di comprare le bestie, le vacche, i buoi, le pecore, etc...; Gli Spera erano inizialmente un'unica grande famiglia e ciò si deduce dal fatto che le loro case si trovavano tutte raggruppate una vicina all'altra nella zona che ho già nominata nella piazza di fronte alla parrocchia. L'unica grande famiglia poi si moltiplicò ed il terreno si andò dividendo a poco a poco prima fra i figli e poi fra i nipoti del primo avo possidente.
La famiglia "Luce" e quella "Spera" abitavano proprio di fronte all'entrata centrale della chiesa (ad una ventina di metri). Lì, come ho detto, vicino alla chiesa, si ergeva il grande palazzo forse castello della famiglia "Placidi". Sempre lì intorno abitavano i "Panei", gli "Scafati", i "Di Gasbarro", le altre diramazioni della famiglia "Spera" e "Luce", i "Di Cristofano", gli "Sgrilletti", gli "Amanzi", i "Fracassi", i "Peduzzi", gli "Innocenzi", i "Piccinelli", etc... Proprio di fronte alla parrocchia, un po' sulla sinistra, guardando verso l'entrata della chiesa, si trovavano le due case con muro in comune, di "Nonna Luisa" e "Nonno Pietro". La casa dei "Luce" apparteneva in antico a "Luce Francesco" dal quale la ereditarono i figli "Antonio e Domenico"; a sua volta fu abitata così dai figli di "Antonio" e dai figli di "Domenico", cioè da "Luisa e Angelina", e da "Giovanni" e fratelli. La casa degli "Spera" discesi da "Francescangelo" si trovava come la prima, comunicante quasi con quella dei "Luce". Dopo il terremoto i due siti furono ereditati da Angela Luce e Filippo Spera (moglie e marito); sui resti delle case spallate essi ricostruirono un'unica più grande casa. Davanti la casa verso il centro dell'odierna piazzola era la piccola cantina-garage delle due famiglie (ora non esiste più). Dietro queste case ve n'erano altre una attaccata all'altra e comunicanti coi muri.
I paesani in quel tempo vivevano molto miseramente; alcuni avevano i tetti di frasche, muri divisori fatti in tavole, mobili in muratura; le case erano piccolissime con camere dove dormivano famiglie intere, con cucine in comune, senza bagni, etc...; le case erano nere di fuliggine, e si appoggiavano l'una all'altra per poter risparmiare la costruzione di qualche muro; le strade di divisione erano strette ed anguste. In questi ambienti in cui si conosceva ogni persona, e si viveva a contatto con tutto il paese, è facile capire il perchè dei grandi contagi di lebbra o peste che anni prima avvenivano. Vicino la chiesa, di fronte al suo lato sinistro, si trovava la casa degli "Amanzi" ("Nunzio"). Oggi è stata ricostruita ma porta tracce del passato.
Al lato destro della chiesa, di fronte l'entrata principale, c'era l'altro gruppo di case comprendenti le famiglie degli "Scafati", "Amanzi", "Fracassi", "Peduzzi" (con la moglie "Cimini Chiara"), etc...; tornando al lato sinistro esso era comprensivo di altre case di "Spera" come quella di "Lino", di "Maria" (razza da cui è nato "Federici Bonifacio"), di "Federico" e fratelli, di "Pizzabella", di "Luce Bartolomeo", etc...; dritta di fronte alla chiesa, poco spostata alla destra si trovava la casa degli "Spera" (razza di "Zuccaretti") ora ricostruita ed in possesso ancora degli "Spera"; al lato destro della chiesa, dove ora si trova il campanile, si trovava la baracca dei "Piccinelli"; poi scendendo verso il Terrone si incontrava l'altra grande casa dei "Panei". Il resto del paese, le stalle e le altre, che più che case si potevano definire capanne o baracche, si svolgeva ai lati delle vie più importanti: la Via del Trainello e la Via della Fonte, che conducevano all'unico posto di rifornimento di acqua; la Via dei Marsi e quella delle Stalle Oscure, importanti perchè comunicanti direttamente con la Via Equicola per andare verso Torano o per andare al Santuario.
Valle Cantu Riu e le tre grandi Aie
[Luisa Luce:] La valle "Cantu Riu" era totalmente coltivata ed una piccola via la passava nel mezzo congiungendo la Via del Trainello a quella delle Stalle Oscure. Nel paese vi erano tre grandi are o aie per il grano: l'Ara-Panei sul colle detto "la Cesa"; l'Ara Comunale in una grande area alla sinistra della chiesa; l'Ara-Placidi che si trovava giù fra il Terrone e la Madonna Addolorata. l'Ara-Placidi oggi è quasi totalmente sparita, l'Ara Comunale è stata asfaltata, l'Ara-Panei è andata in rovina col fallimento di quella famiglia.
Monte del Dente, Macerine e Pinchi
[Adolfo Luce:] Alcuni anni or sono, sopra il "Monte del Dente", fu ritrovata una tomba di un generale forse del periodo della battaglia di Corradino (1268). Per questo, molti sono coloro che suppongono che "Dente" sia il cognome di quel generale ivi sepolto. A Sant'Anatolia, i vecchi riportavano sempre una vecchia tradizione che diceva: "Dove ci sono le Macerine a forma di Croce, sotto c'è il Tesoro". Questo detto riguardava soprattutto la zona di "Colle Cicchitto", "Coremano" e zone adiacenti (le macerine erano cumuli di pietre, che si trovavano disposti soprattutto sui confini dei vari appezzamenti di terreno, che venivano tolte dalla terra del campo per renderla coltivabile). I "pinchi" (cocci), si potevano trovare in tutta la valle che da Torano e Collepizzuto va a Cartore e spesso si possono trovare persino nella "Bocca di Teva" sotto le montagne. A Marano, nella zona della "Selevetta", la terra è cosparsa di "pinchi" e probabilmente la zona fu in passato sede di un villaggio poichè è piena di reperti archeologici.
Zona Calecara
[Adolfo Luce:] Un tizio di Sant'Anatolia, forse il padre di Giovanni Sgrilletti, mentre scavava le fondamenta della sua casa, scoprì, a pochi centimetri dal sottosuolo, dei muri di fabbricazione antica di epoca incerta e, poichè questi muri si conservavano abbastanza intatti e solidi, decise di non romperli e vi costruì sopra la sua casetta. Poi, durante un altro scavo, scoprì, sempre nel sottosuolo, un forno intatto che a lui sembrò adatto e costruito apposta, in chissà quale epoca, per creare dall'argilla dei cocci o tegole di cui fra l'altro la zona è cosparsa abbondantemente. Quel forno fu poi da lui ristrutturato ed utilizzato per la casa, ma poi, dopo il terremoto del 1915, di tutto quel lavoro rimase poco o nulla. La casa comunque, per quanto riguarda le mura portanti, esiste ancor oggi anche se ridotta in maniera pietosa. Ancora oggi, se si ha buon occhio, si possono vedere le mura antiche su cui è poggiata la casa. La zona della "Calecara" (fabbrica di calce del secolo scorso di proprietà della famiglia Panei), è cosparsa di tegole rotte e cocci vari ("pinchi"). Ancora in quella zona furono ritrovati almeno due scudi antichi con delle spade arrugginite sempre di epoca incerta. Sempre nella zona della "Calecara", scavando nel sottosuolo, fu trovata una cucina quasi intatta con caminetto (?) etc... etc...
Cartore e suoi abitanti
[Caterina Lanciotti:] A Cartore prima del terremoto del 1915 vivevano solo sette famiglie che erano coloni dei "Pacidi" poichè le terre di quel villaggio erano quasi tutte di quella famiglia; le famiglie che abitavano a Cartore erano le seguenti: 1) La famiglia di Luce Pasquale con il figlio Gaetano che poi andò in America e non si seppe più nulla di lui; 2) La famiglia di Luce Giacomo che era il fratello di Pasquale. 3) La famiglia di Panella Nicola con Pasquale il fratello che erano della Ciociaria. 4) La famiglia di Sgrilletti Simone col figlio Andrea da cui poi nacque la "Commare" Chiara. 5) La famiglia di Lanciotti Berardo che era lo zio di Caterina e il nonno di zia Quinta Lanciotti. 6) La famiglia di Lanciotti Pietrantonio fratello di Berardo e padre di zia Caterina. 7) La famiglia di Lanciotti Francesco padre di Gennaro da cui vennero "quissi de' Gennarella". Le case di Cartore erano presso a poco le stesse che ci sono oggi tranne alcune che furono ricostruite dopo il terremoto. Alcune case, prima del 1915, erano recintate da un antico muro con una grossa porta per accedervi a mo' di fortezza.
Vita popolare a Cartore
[Caterina Lanciotti:] Quando Caterina era piccola (inizi '900) la vita a Cartore era molto difficile e triste. Le giornate erano molto faticose poichè c'era sempre qualcosa da fare: a volte si dovevano pascolare le bestie ("a pasce e pecure"); a volte si doveva portare da mangiare al maiale; poi si doveva ogni tanto zappare la terra; si dovevano fare le faccende di casa; si doveva filare la lana o tessere i vestiti; ecc. Di solito i paesani avevano una cinquantina di pecore; un'asina ("la somara"); una mucca; un maiale; qualche gallina; a volte i conigli; qualche cane; a volte il cavallo o il mulo; ecc. Alcuni paesani non avevano gli animali o le terre e quindi dovevano sottomettersi ai signori servendoli. Durante la festa di S.Anatolia (il 9-10 luglio) si andava cantando una canzoncina che parlava della vita di Anatolia e che era scritta su dei fogli in dialetto. Ancora oggi, uno di questi fogli, è stato conservato da Filomena (?). Gli abitanti di Cartore erano tutti imparentati con quelli di Sant'Anatolia, e quando c'era la festa del 9-10 luglio, essi venivano tutti a S. Anatolia alla fiera, e Cartore si spopolava.
Strade e tratturi
[Caterina Lanciotti: ] La strada che passava per Cartore, che ancora oggi esiste, iniziava dalla piana del Corvaro o da Collebreccioso e portava a Cartore; poi da lì proseguiva verso Rosciolo e Magliano passando per la "Bocca di Teve" e per "Santa Maria in Valle Porclaneta". Per andare a Rosciolo da Cartore, all'inizio la strada era molto ripida in salita, e quindi veniva chiamata nel suo punto più in alto "Straccasino" ("Stanca asino"). La gente da Cartore andava spesso a Sant'Anatolia e prima del terremoto la strada che normalmente si faceva per arrivarvi era quella della "Forcella" che era molto più ripida ma più veloce; solo quando si andava con le bestie e con la legna o altri carichi, si prendeva l'altra via che è più lunga ma meno ripida ("erta"). [Bonifacio Federici:] Raccontano i nonni che nella valle di Cartore passava il "Tratturo" che permetteva la transumanza delle pecore dal Cicolano verso la Puglia. Il Tratturo era spesso 90 metri e passando per Cartore andava verso Alba.
La duchessa
[Caterina Lanciotti: ] Si diceva che anticamente tutte le terre di Cartore erano di una duchessa e che poi furono vendute ai signori Placidi; "Collepizzuto" invece fu venduto con le sue terre ai Panei. Le terre per cui erano quasi tutte dei signori Placidi o Panei, molte altre erano della chiesa, altre erano demaniali e poche erano dei paesani: così era a Cartore, a Collepizzuto e a Sant'Anatolia. Le montagne erano demaniali ed adibite al pascolo.
Colle Pizzuto
[Caterina Lanciotti:] A Colle Pizzuto c'erano, prima del 1915, i coloni dei "Panei" delle quali famiglie zia Caterina ricorda solo: 1) La famiglia di Luce Antonio col figlio Giovanni.
Grotta de' Gessi, di S.Anatolia, del Palazzo e Fontanelle
[Caterina Lanciotti:] Sotto "Colle pizzuto" o "Colle Pezzuto", c'era una grotta chiamata "Grotta de' Gessi" la quale dentro era piena di gesso. La gente ci andava a prendere i pezzetti di gesso per scrivere. [Adolfo Luce e Rubeis Vincenzo:] Vicino alla "Grotta di Sant'Anatolia" a Collepizzuto, vi è un'altra grotta chiamata "Rutta Palazzo" ed ancora più in valle, nell'alveo dell'ex fiume che ivi si trova, vicino alla "Cava", vi sono delle "Fontanelle" la cui acqua esce da sotto terra e forma una piccola palude. [Vincenzo Rubeis:] Non si conosce il motivo per cui la "Grotta di S. Anatolia" si chiamasse in questo modo, si sa solo che anticamente ci si andava ogni tanto e vi si mettevano le candele con i candelabri.
La Città di Tora e ritrovamenti archeologici
[Caterina Lanciotti:] "La Città di Tora" si diceva che stava verso Colle Pezzuto e la piana del Corvaro e anche fra S.Anatolia e Torano anzi tutte queste zone venivano spesso chiamate col nome "Città di Tora". [Rubeis Vincenzo:] La città di "Tora" anticamente si trovava fra Colle Breccioso e Cartore e più precisamente presso Colle Pizzuto, dove sono i casali, e dove un tempo la zona veniva chiamata proprio "Città di Tora". [Adolfo Luce:] L'antica "Città di Tora" si trovava soprattutto in Cartore che, prima, nei documenti antichi, veniva chiamato "CarTora". A "Colle Pizzuto" furono trovati, più di una volta, dei mosaici antichi, forse romani, ma, la maggior parte delle volte, furono persi o per caso o volontariamente per paura dell'intervento delle Belle Arti e della requisizione delle terre. [Eusepio Di Carlo:] Verso l'inizio della valle di Cartore (zona grotta di S.Anatolia) si trova un monumento sepolcrale fatto di calce, rena e pietre, costruito per un qualche generale importante ivi deceduto e sepolto. Il monumento per la sua durezza non sembra di calce ma di pietra naturale, tanto che a prima vista sembra quasi una formazione naturale. Qualcuno ha riferito che anche a Cappelle de' Marsi si trova un monumento simile e che comunque esso sicuramente risale a tempi molto antichi.
Zona Dentre Tore
[Caterina Lanciotti:] Vicino alla Bocca di Teve c'era una zona chiamata "Dentre-tore"; questo posto è uno spiazzo di terra fra la folta vegetazione che si trova in un piano fra la via di Teva e la valle sottostante. [Adolfo Luce:] Alcuni anni fa' in quel luogo fu trovato un sepolcro di un o una giovane coperto da tanti piccoli mattoncini di terracotta che si crede molto antico. [Eusepio Di Carlo:] Un giorno, un tizio, passando con la "somara" carica di legna in un posto vicino "Dentre Tore", l'asino si infossò in una buca dove fu scoperta una tomba coperta di mattoncini. Nella tomba furono trovate due medagliette che poi con gli anni vennero perdute.
Zona Castiglione
[Eusepio Di Carlo:] Durante un'aratura, l'aratro si bloccò su dei cocci molto grossi che forse formavano un'anfora (zona "Castiglione") e sempre nello stesso frangente e nello stesso posto l'aratro si inceppò su di un "caldaro" di rame. In altre parti furono trovate (da Eusepio) delle monete che poi non sa più che fine fecero.
Il Santo Sepolcro
[Rosa Lanciotti:] Per quanto riguarda la chiesa del Santo Sepolcro a Cartore sembra che ci sia una zona, forse verso "Castiglione", che si chiama "U' Sepulcru".
Grotte di S. Costanzo e S. Leonardo
[Caterina Lanciotti:] Nella "Grotta di San Costanzo" c'era l'eremo del santo, tutto il resto era com'è oggi. Nella "Grotta di San Leonardo" a volte ci si arrivava pascolando le pecore e a volte ci si riposava vicino alla grotta. Nella grotta, ai tempi di Caterina, c'era una statua di legno molto antica e ben fatta alta circa un metro e mezzo raffigurante San Leonardo con un libro in una mano e con un bastone nell'altra. La statua si diceva che fosse stata scolpita dallo stesso S. Leonardo. Ora la statua non c'è più e sembra che sia stata rubata. In quei tempi esisteva solo qualche muro vicino a questa grotta e si diceva che chi avesse rubato quella statua avrebbe avuti molti guai. [Vincenzo Rubeis:] Vicino alla "Grotta di S. Leonardo" che si trova sotto il "Pratone" omonimo, c'era un faggio chiamato: "Favo di S. Leonardo" che da generazioni nessuno tagliava. Quando si andava per la legna tutto si poteva tagliare tranne quel faggio poichè tagliarlo portava sventura. [Eusepio Di Carlo:] Vicino la grotta vi sono delle muraglie costruite con pietre molto grandi e non ci si spiega come gli antichi costruttori potessero averle portate a quell'altezza. Le mura erano alte circa 1 metro e 1/2 ma poi, i ragazzi, divertendosi a lanciare quelle pietre giù per il vallone di fua, distrussero in parte quei muri inconsapevoli del loro valore storico.
Nella Grotta di S.Leonardo vi era una statuetta in legno raffigurante il Santo con una corona in testa ed un libro in mano; il legno della statua era molto rovinato dalle tarme e dalla vecchiaia. Si raccontava che un giorno, un tale di Spedino, voleva rubarla ma, quando uscì dalla grotta con la statua, venne giù fu un forte temporale con la grandine; egli dovette riportare la statua sul posto e fu solo allora che il temporale finì. La statua fu poi rubata da qualcuno forse di Avezzano ma tutti se ne disinteressarono nonostante che Eusepio avrebbe voluto chiamare i Carabinieri. Nei pressi della grotta di S. Leonardo, furono rinvenute le ossa di 5 persone; Queste ossa si trovano ancora intorno alla grotta e probabilmente si tratta del cimitero dell'antico monastero ed i cinque corpi ritrovati, probabilmente sono i corpi (ossa) di cinque monaci.
Chiesa di S. Lorenzo a Cartore
[Caterina Lanciotti: ] Della chiesa di "San Lorenzo", già negli anni precedenti al terremoto, non c'era nulla oltre la torre mozzata. Cioè era esattamente com'è ora. I vecchi dicevano che anticamente a Cartore i morti venivano seppelliti sotto la chiesa dove allora c'era una "pila" come quelle della "Madonna Addolorata". Ancora nei primi del '900 qualche famiglia vi seppelliva i suoi cari. Vicino all'ex chiesa di San Lorenzo c'erano delle case abitate. Non si sapeva che ivi vi fosse stata una chiesa, ma si ricordava che quella zona si chiamava ancora "S. Lorenzo" com'è denominata anche oggi.
[Eusepio Di Carlo:] Nella chiesetta di San Lorenzo in Cartore vi era una pila dove si seppellivano i morti. Essa è posizionata in un modo molto diverso da come mi aspettavo e comunque si trova a circa 5 metri dal campanile. Le muragliette che si trovano di fronte alla torre campanaria, sono state quasi tutte costruite in tempi recenti da qualche signora che vi teneva le galline. Eusepio ricorda quando la chiesa era ancora in parte in piedi con le mura e il tetto ma mancava di molte tegole. La parte posteriore della chiesa era adibita a sagrestia e dalla sagrestia vi era l'ingresso al campanile. Nella pila mortuaria c'erano le ossa. L'ingresso al campanile venne murato non anticamente ed i ragazzi di Cartore e di S.Anatolia furono coloro che aprirono l'altro buco per accedere alla torre. Oggi la zona tutt'intorno alla chiesa viene chiamata col nome di "Campo Santo Lorenzo".
Chiesa di San Nicola a Cartore
[Caterina Lanciotti:] Non tutti sapevano che era esistita una chiesa di "S. Nicola" in Cartore tranne che per il fatto che il nome della zona su cui sorgeva si chiamava "Gliu'colle de Santo Nicola". [Eusepio Di Carlo:] Al "Colle Santo Nicola" l'aratro scavò altri resti umani; non si sapeva quasi nulla di questa chiesa, anzi si pensava che lì vi fosse stato un cimitero o un campo dedicato al Santo. Probabilmente in quell'aratura fu utilizzato il trattore, poichè, se si fosse usato l'aratro o la zappa, non sarebbe stata una novità: la zappa e l'aratro non scavano molto a fondo mentre il trattore si. Infine, sempre parlando di S.Nicola, forse ancor oggi vi si possono trovare i resti di qualche mura.
La denominazione delle terre di Cartore
Angelo Rubeis, marito di Spera Tecla mia cugina, mi ha voluto far scrivere i nomi delle terre di Cartore poichè a suo parere mi potevano essere utili:
Cartore - Bocca di Teva - Croce Cellitu - Campo Santo Lorenzo - Rozza - Cerro - Fosse di Valle Tivola - Dentre Tore - Forca - La Chiusetta - Acquaro de Parrozze - Spinari - Colle Santo Nicola - Valle S. Leonardo - Le Marze - Troncatura del Fosso - Favo Acquaro - Vallell'Ircu - Vallone della Cesa - Valle Amico - La Ruara - Piedi la Chiusa - Castiglione - Preda de Feliciotta - Morrecine - L'Are Capiacci - Marzetelle - Carpenete - Trattura a Capo - Fraiale - Tracerna - Via Gnova - Colle Pezzuto - Rotta de' San Leonardo - Macchia de Via Gnova - La Fonticella - Fiui (Val di Fua) - Trattora a Capo - Le Cave - Vignali - Forcella - Rotta de S.Costanzo - Treppiedicastello
Narratori
- Luisa Luce (S.Anatolia 1893-1982), di Domenico (1863-1919 ca.) e Vincenza Peduzzi (1861-1934)
- Caterina Lanciotti (S.Anatolia 1900-2000), di Pietrantonio (1858) e Elisabetta Di Berardini (1860-1940)
- Adolfo Luce (S.Anatolia 1911), di Antonio (1886) e Anatolia Scafati (1885-1931)
- Mario Tupone (S.Anatolia 1934), di Erminio (1895-1951) e Caterina Lanciotti (1900-2000)
- Angela Spera (S.Anatolia 1914-1990), di Pietrantonio (1886-1971) e Luisa Luce (1893-1982)
- Vincenzo Rubeis (S.Anatolia 1909-1993), di Pasquale (1859-1914) e Lucrezia Peduzzi (1874)
- Eusebio Di Carlo detto Sepio (S.Anatolia 1916-2011 ca.), di Paolo Antonio (1870-1957) e Domenica Vittoria Tiberti (1893-1964)
- Giuseppe Tupone (S.Anatolia 1906-1984), di Guglielmo (1853-1927) e Filomena Di Gaetano (1872-1924)
- Maria Spera (S.Anatolia 1934), di Pietrantonio (1886-1971) e Luisa Luce (1893-1982)
- Bonifacio Federici (S.Anatolia 1926), di Achille (1892-1935 ca.) e Maria Spera (1898)
- Angelo Rubeis (S.Anatolia 1942 ca.), di Francesco (1903-1978) e Anatolia D'Agostino (1904-1963)
- Rosa Lanciotti (S.Anatolia 1955), di Antonio (1918) e Maria Domenica Piccinelli (1924)