L'uccisione del ragazzo di Marano

Tratto dai racconti di Angelo Amanzi. Con la collaborazione di Candida Amanzi che ha registrato i racconti del padre (grazie Candida!). All'interno ulteriori precisazioni di Antonio Spera e Lucrezia Rubeis. Scritto da Roberto Tupone a settembre 2021

Quando i tedeschi vennero a Sant’Anatolia (e negli altri paesi della Marsica e del Cicolano) rastrellarono le famiglie non solo in cerca di prigionieri evasi ma anche di giovani atti alla guerra. I ragazzi venivano reclutati forzatamente tra le loro file e obbligati a collaborare, a scavare le trincee, a posizionare il filo spinato, a fare insomma tutte quelle cose necessarie in un luogo dove si pensava sarebbe passato il fronte.

Nei mesi di maggio e giugno del 1944 la maggior parte degli abitanti si era rifugiata tra Cartore e la montagna Duchessa ma c'era un andirivieni di uomini che scendevano e risalivano per coltivare i campi di Sant’Anatolia.

Un giorno, un ragazzo (figlio di Francesco detto “Piccione”) (1), che abitava in uno dei casali situati a Piedi Marano, capì che i tedeschi erano entrati in casa e, per evitare di essere assoldato, scappò da una finestra. Questi se ne accorsero e lo inseguirono.

Da Piedi Marano il ragazzo prese la via in salita verso Marano e si rifugiò nella casa di un signore in paese che in quel momento si stava facendo la barba. Trovandosi però i tedeschi alle calcagna fuggì di nuovo uscendo da una finestra. I soldati inizialmente accusarono il padrone di casa per averlo protetto ma questi, per evitare problemi, indicò la finestra dove il ragazzo era uscito e l’inseguimento ricominciò.

Il ragazzo fece il percorso a ritroso e sceso di nuovo nella valle del Salto prese la strada per Sant'Anatolia dove trovò rifugio in una stalla. I tedeschi però erano ancora sulle sue tracce e lo costrinsero di nuovo a fuggire. Salì quindi sul pagliaio e anche questa volta uscì dalla finestra.

Prese di nuovo la strada per tornare verso il suo paese natio e alla contrada detta "Pietre Miscie" passò di fianco ad un signore di Sant’Anatolia che stava coltivando un campo, Angelo Di Berardino detto “baffi brutti” (2). Questi, alla vista dei tedeschi che inseguivano il ragazzo, si gettò tra alcune pietre nascondendosi alla loro vista e, da quel punto, vide tutta la scena che in seguito raccontò ai propri compaesani.

“Il ragazzo era sceso nella valle ed era poi risalito. I tedeschi, da lontano, ma in linea retta, gli avevano sparato e lo avevano colpito alle gambe. Raggiunto in pochi minuti, lo avevano ucciso sul posto”.

Una seconda versione narra che il fuggitivo di Marano, dopo il ferimento era riuscito a nascondersi dietro ad una grande roccia che si trovava al di sotto della strada denominata Piè Marano nei pressi di in un terreno coltivato dagli Spera. Franceschinu (“lo schifoso, la spia tedesca") dall’altura delle “prete misce” vide il fuggitivo e lo indicò ai tedeschi (“avrebbe potuto far finta di non vedere e salvargli la vita” diranno in seguito) (3).

Baffi brutti impaurito corse in paese per raccontare il fattaccio, convinto che l’ucciso fosse di Sant’Anatolia in quanto proveniva da quella direzione. In paese c’era poca gente poiché la maggior parte si trovava a Cartore o in montagna. Angelo Amanzi fu tra quei pochi che ascoltarono il racconto e qualche tempo dopo, insieme ad un amico di Marano, andò a verificare con i suoi occhi quello che era successo. Trovarono una grossa pietra e intorno molto sangue ma il corpo del ragazzo era stato portato via.

Anche se erano bambine, Maria e Vincenza ricordano che tutti parlavano di questa tragedia, accaduta nei pressi di un terreno coltivato dal padre (Maria ricorda che “le piè maranu” è la strada che dalla chiesa della Madonna Addolorata si dirige prima in piano e poi in discesa verso il fiume).

Sul luogo, qualche tempo dopo, fu posta una croce con inciso (o scritto) il nome e cognome del ragazzo. Oggi la croce è andata perduta (4).

La zona dove venne ucciso il ragazzo si chiama “via delle piè marano” o semplicemente “Piè Marano” (che è diverso da Piedi Marano) (5). A Sant'Anatolia si fa un distinguo netto tra Piè Marano e Piedi Marano che sono due luoghi piuttosto vicini ma diversi (6).

In una nota tratta dal sito web straginazifasciste.it “dall’8 al 10 giugno [1944] nei comuni di Magliano dei Marsi, Tagliacozzo e Massa d’Alba Fucense i tedeschi in ritirata, dopo un’occupazione di 9 mesi, si abbandonarono ad atti di violenza e regolamento dei conti. Carlo Filippo Marini [...] i primi di giugno venne perquisito da militari tedeschi. Nella sua abitazione furono trovate due bombe a mano, 43 cartucce e un fucile da caccia. Il bracciante fu arrestato dai nazisti e dopo quattro giorni (il 12/06/1944) il suo cadavere fu rinvenuto in località Pìe Marano, presso S. Anatolia di Borgocollefegato (in provincia di Rieti), da un certo Franceschino di S. Anatolia. Domenico Marini, in mancanza delle Autorità, provvide a rimuovere il cadavere in decomposizione e dargli sepoltura – In quell’occasione i tedeschi rubarono - Lire 1600 che la vittima aveva nel portafogli”. “Nella testimonianza del 22/10/1944 rilasciata da Marini Domenico (padre della vittima) si riporta che probabilmente i militari tedeschi facevano parte della polizia dislocata a S. Anatolia di Borgocollefegato in provincia di Rieti. Secondo Carlo Gentile nel comune di Borgocollefegato dal marzo 1944 era attivo il seguente reparto tedesco: 5 Gebirgs-Division, mentre dall’8/06/1944 anche i reparti Sanitäts-Abteilung 95, 2. Komp e Sanitäts-Abteilung 95, Wagenhalteplatz”. “Domenico Marini (padre della vittima) e Berardino Maccallini (nato a Magliano Dei Marsi nel 1908) il 22/10/1944 deposero le loro testimonianze presso i Carabinieri di Magliano dei Marsi.” (7)


Il luogo dell'uccisione


Note

  1. Secondo il sito web straginazifasciste.it, segnalatomi da Pierluigi Felli di Torano, il ragazzo si chiamava Carlo Filippo Marini. Era nato a Marano di Magliano dei Marsi il 02/08/1916 ed era ivi residente. Bracciante agricolo, sposò Liberata Baliva. Era figlio di Domenico Marini, nato a Magliano il 30/08/1891 (figlio di Filippo e Maria Loreta Orlandi), e di Marianna Fracassi. Secondo questa fonte quindi il padre si chiamava Domenico e non Francesco. Link. Angelo Amanzi ricorda che il soprannome del padre dell'ucciso era "Piccione" e Maria Spera ricorda che l’ucciso venisse soprannominato "Picciunittu".
  2. Angelo di Berardini, alias baffi brutti, era nato a Sant’Anatolia il 9 dicembre del 1883 ed era figlio di Alessandro (1854-1927) e Luisa Luce (1854-1934). Nel 1907 aveva sposato Vittoria Rubeis dalla quale aveva avuto otto figli: Maria, Clementina, Lucia, Alessandro, Erminia, Sofia, Luigi e Assunta (oltre a questi Angelo e Vittoria, prima del 1928, avevano avuto altri sei figli che avevano perso da bambini, tra gli zero e i sei anni. Vittoria quindi, che in seguito morirà nel 1967 all’età di 81 anni, aveva avuto ben 14 parti).
  3. Questa versione aggiuntiva mi è stata narrata da Antonio Spera (Tonino) (1958), figlio di Erasmo (Remo) e Lucrezia Rubeis. Lucrezia ha poi confermato la versione del figlio. Antonio fu tra i ragazzi che parecchi anni dopo la guerra ebbero l’occasione di conoscere Franceschinu ricordato come “nu gnorantone cattivu”. Secondo la versione scritta nella nota seguente, il cadavere venne ritrovato quattro giorni dopo proprio da Francescinu e questo ci fa presumere che egli sapeva già dove si trovava e che la versione di Antonio Spera è corretta. Con il soprannome Franceschinu a Sant'Anatolia, secondo Maria, Lucrezia e Vincenza Spera, c'era solamente lui. Anche Maria ricorda che ci fu una spiata per mezzo della quale i tedeschi riuscirono a trovare il ragazzo per poi ucciderlo.
  4. Angelo non ricorda bene se la croce fosse di ferro o di pietra ma ricorda che era stata posta sulla grande pietra dove era stato rinvenuto il corpo del ragazzo. Mario Spera (figlio di Filippo e Angelina Luce) ricorda invece con sicurezza una croce di pietra che poi nel tempo venne frantumata. Antonio Spera ricorda che il punto dove è morto il ragazzo, quando lavorava la terra, anni '70-'80 aveva preso il nome di "crocetta".
  5. Le coordinate esatte dove avvenne l'uccisione sono le seguenti: 42°08'20.6"N 13°17'09.6"E. Link GMAPS
  6. Forse “piè” poteva voler dire “andare a piedi”, cioè “a piedi” in direzione di Marano, oppure semplecemente la strada che va a Pie’ di Marano, cioè a Piedi Marano. Piedi Marano invece significa indubbiamente “ai piedi di Marano” poiché si trova nella valle sotto il paese di Marano
  7. Tratto dal sito web straginazifasciste.it - Link. Link interno.