Primi bombardamenti su Avezzano
Dopo l’8 settembre, per un po’ di tempo la vita sembrò scorrere tranquillamente. I lavori nelle campagne si svolgevano regolarmente. Anche lo zuccherificio fece la consueta campagna saccarifera. Nell’azienda del Principe Torlonia, di cui i tedeschi si erano impadroniti requisendo i raccolti di patate, di grano e, soprattutto, del bestiame, si continuò a lavorare come prima, anzi, la mole di lavoro in quel periodo aumentò. Col passare del tempo la repressione si faceva sempre più dura, ma, dall’altro lato si fece sempre più intensa l’azione partigiana e di sabotaggio, così come l’ostilità della popolazione contro l’occupante era sempre più forte e manifesta. I tedeschi alternavano lusinghe e minacce, ricorrendo ad offrire sale a chi avesse denunciato un "ribelle", o chi ospitava un prigioniero. Ma la stragrande maggioranza dei cittadini, non si faceva convincere dalle lusinghe tedesche e si arrangiava come poteva, anche attraverso il contrabbando con le zone vicine. A Roma, dove scarseggiavano i generi alimentari, c’era una certa abbondanza di sigarette e di sale, generi che, invece, scarseggiavano dalle nostre parti. Così si sviluppò un fiorente commercio tra Roma e la Marsica di cui erano protagonisti anche molti ragazzi. Uno di questi, di anni quattordici, un giorno, per non essere preso dalla polizia ferroviaria, saltò giù dal treno che si era fermato sopra uno strapiombo e precipitò, morendo sul colpo. Questo è uno degli innumerevoli episodi che mostrano come non era solo la guerra combattuta sul fronte a far vittime, ma anche la fame e la disperazione in cui si viveva. In quel periodo, intanto, iniziarono i primi bombardamenti su Avezzano. Il primo avvenne il 4 Novembre 1943 e danneggiò solo quindici case, senza morti e feriti, quello del 10 dicembre 1943, fece le prime vittime tra la popolazione civile con dieci morti e cinquanta feriti. Era verso le dodici, quando molti cittadini uscivano dalla Cattedrale dopo la Messa, dei caccia bombardieri alleati solcavano il cielo mitragliando, lanciando bombe, mietendo vittime e provocando danni. E’ da questo giorno che si comincia ad abbandonare la città, sfollando nei paesi vicini della Marsica. Dopo il 10 dicembre, fino a gennaio, non ci furono altri bombardamenti. Una parte di coloro che erano sfollati tornò in città per trascorrere il Natale che passò come un giorno di quasi quiete, anche se il fronte si avvicinava. La città e la zona circostante si trovano nelle retrovie del fronte che va da Cassino ad Ortona e, pertanto, in tale zona affluiscono prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento italiani e militari italiani sottrattisi ai bandi di reclutamento della Repubblica sociale italiana. Nella città di Avezzano, in località "Concentramento", era allestito un campo di raccolta di prigionieri catturati dalle forze militari italiane. Erano circa duemilasettecento. Per evitare che fossero catturati dai tedeschi, il comandante del campo fa fuggire i prigionieri. Tutta la popolazione di Avezzano e della Marsica in detto periodo si prodiga in mille modi per aiutare prigionieri alleati, militari italiani e persone ricercate dai tedeschi, fornendo loro ospitalità, vestiario, alimenti ed informazioni utili. Si può calcolare che, in tale periodo, nella nostra zona furono tenuti nascosti un migliaio tra italiani e alleati di cui un centinaio furono aiutati a passare il fronte specialmente nella zona del Parco d’Abruzzo.
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