Ta', i tè i ferri j'ursu? (Papà ce l'ha i ferri l'orso?)

Maria Felicita Luce racconta la storia orale tramandata dal padre Antonio Giulio Orlando Luce (di Michele e Agnese Sgrilletti)

Mio padre si arrabbiava moltissimo ogni volta che raccontavo a qualcuno questa storia che io attribuisco ad un suo antenato. Solo di recente mi aveva invece detto il nome della famiglia a cui attribuire il fatto, "quissi de Zuccaretti". Facendo collegamenti azzardati potrei anche capire chi sono, ma non è così importante ed io preferisco dire che si trattava di un avo di mio padre.

Mio padre, (come anche mia madre) era un narratore affascinante perché i suoi racconti venivano direttamente da quella abitudine di tramandare storie in maniera esclusivamente orale, percui il racconto è pieno di immagini suggestive e di particolari che lo rendono vivo. le immagini scorrono nella mente di chi ascolta come in un film e forse, ancora meglio. Mio padre aveva anche uno spiccato senso dell'umorismo, cosicché i suoi racconti erano spesso divertenti anche se l'argomento era tragico non erano mai lacrimevoli o patetici.

Veniamo alla nostra storia...

Molti anni fa "quissi de Zuccaretti" avevano una vigna dalla quale ricavavano un vinello leggero ma molto buono che era il vanto della famiglia. Un bel giorno, o meglio, una bella notte la vigna fu presa di mira da un orso che apprezzando molto quell'uva speciale iniziò a frequentarla assiduamente suscitando la rabbia della famiglia Zuccaretti.

Il capofamiglia stufo della situazione, dopo averle provate tutte per spaventare l'orso decise di passare alle maniere forti e nottetempo si recò con il suo unico figlio nella vigna. Visto che il tragitto era abbastanza lungo, ci andarono con il loro cavallo. Arrivati che furono, lasciarono il cavallo libero di pascolare e si appostarono armati di fucile in attesa dell'orso.

Era una notte di luna piena, (mia madre avrebbe detto "c'era una luna chiara" calcando sul quel chiara e tutto il paesaggio circostante ti sarebbe apparso nel suo chiarore, rendendo visibili le montagne circostanti, le valli e persino le più piccole pietre. Sotto il chiarore di quella luna piena, avresti camminato in silenzio senza inciampare, la luna ti avrebbe illuminato ed incantato esattamente come incantava me bambina ogni volta che lei iniziava un racconto con "C'era una Luna chiara...").

Così il padre ed il figlio si diposero, sotto il chiarore lunare ad aspettare che l'orso arrivasse per poterlo accoppare. Aspetta, aspetta il tempo passava e l'orso non arrivava. Al padre venne sonno. Chiamò il figlio e gli disse: "te'.. ecche u fucile, sta attente, appena vidi j'ursu spara!" e se ne andò in una grotta vicina chiamata "la rotte de Zuccaretti" e si addormentò.

Il figlio si accinse ad aspettare con il fucile spianato. La notte era silenziosa, si udiva solo l'incessante frinire dei grilli e, di tanto in tanto, il canto lugubre della civetta. Il figlio scrutava la notte sempre con il fucile spianato ed il dito sul grilletto! Ma il tempo passava e non succedeva niente.

Dopo qualche ora di questa situazione, finalmente vide un'ombra muoversi tra le viti e, senza perdere temp... sparò!!!

Mai mira fù più precisa! Vide l'ombra cadere con un tonfo sordo e tutto contento, si avvicinò per controllare. Vide l'animale a zampe all'aria, stecchito e, sulle zampe rivolte verso il cielo, dei ferri che luccicavano alla luce della luna. Perplesso, si mise a correre e trafelato ed arrivò dove il padre dormiva.

Lo scosse, lo svegliò e gli disse: "eh Tà, i tè i ferri j'ursu?" (eh papà ce l'ha i ferri l'orso?)

L'urlo del padre, che sebbene semiaddormentato capì all'istante, riecheggiò tra le montagne circostanti, anche i grilli smisero di frinire: "CHE SCICCISU TI PARETU ME SI CCISU U CAVAGLIU!"

Solo allora il figlio capì AVEVA SPARATO AL CAVALLO!

Maria Felicita Luce

20.01.2009