1778: Anton Ludovico Antinori
"Annali degli Abruzzi (voll. 1-24); Corografia storica degli Abruzzi, disposta per ordine alfabetico (voll. 25-42); Raccolta di iscrizioni (voll.43-47); Monumenti, uomini illustri e cose varie. Annali di Aquila (voll. 48-51)". Non potendo datare l'immensa opera di Anton Ludovico Antinori, in quanto realizzata in tutto l'arco della sua vita, ho inserito come riferimento il 1778, cioè la data della sua morte.
Il busto dell'Antinori nel colonnato dell'Emiciclo, all'Aquila
Da Treccani: L'Antinori lasciò una mole enorme di manoscritti, che, legati per testamento nel 1832 dal pronipote Anton Ludovico Antinori jr. alla famiglia Dragonetti, furono poi donati nel 1887 da Giulio e Luigi Dragonetti alla Biblioteca provinciale di Aquila. Raccolti in cinquantuno volumi in fobo, di circa mille pagine ciascuno, E. Casti li ordinò e catalogò in quattro classi:
- Annali degli Abruzzi (voll. 1-24);
- Corografia storica degli Abruzzi, disposta per ordine alfabetico (voll. 25-42);
- Raccolta di iscrizioni (voll.43-47);
- Monumenti, uomini illustri e cose varie. Annali di Aquila (voll. 48-51)
- Fonte: Manoscritto dal titolo "Corografia storica degli Abruzzi, disposta per ordine alfabetico"
- Presso: Biblioteca provinciale dell'Aquila "Salvatore Tommasi"
- Trascrizione: Roberto Tupone del 2 luglio 2018
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Annali degli Abruzzi (Pag.63)
1250
Si fece in quest'anno il Registro delle Rendite del Monastero di S. Maria in Valle Porchianeta. I terreni erano stati distribuiti in trentanove feudi, oltre a venticinque altri pezzi coltivati. Esiggeva il Preposto dagli enfiteuti, e dai coloni come pure dalle famiglie dette casate in numero di dodici i redditi di grani, vini, orzi, di pani, polli, agnelli, formaggi, canapi, carni porcine, puledri, ed opere personali. Esiggeva da Prepositi, e Rettori delle Chiese di S. Lorenzo, di S. Anatolia, di S. Maria di Magliano, di S. Luca nei giorni festivi di quei Santi, pranzi in quelle Chiese anche a suoi Chierici. Di più oblazioni [consistenti in] prosciuti, agnelli, e simili dalla chiesa di S. Lorenzo e di S. Luca, nel Natale, Pasca, feste di S. Marco, e di S. Benedetto. Da quella di S. Anatolia nella festa di S. Maria, e nelle tre altre lo stesso, e in oltre due quartari di grano, e due d'orzo. Da quella di S. Maria di Magliano nell'Ascenzione e nella Natività ed Annunciazione della Vergine la metà delle oblazioni, e nella festa di S. Benedetto le contribuzioni, come la prima, e di più un moggio di grano, ed uno d'orzo. Sotto l'altra Chiesa di S. Salvatore di Paterno ogni settimana una misura di pesce, ed ogn'anno nella Pasqua una libra di cera, due prosciutti, e un pulledro. Tutti i Rettori di queste chiese erano istituiti dal Preposto (v. A. 1086. Regest. A. 1250 in Censual. Eccl. S. Mar. in Valle - Marculani cop. q.m. not. Franc. Floridi in Archiv. Mon. S. Salvat. Major. A. 1601 - v. A. 1086. Il Monistero di S. Maria di Rosciolo in Valle Porclianica era stato confermato con quel castello ex Monistero di Montecasino dall'Imperador Lottario nel 1137 e dell'Imperadore Arrigo VI nel 1191 di esso di fece. Rosciolo).
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Corografia storica degli Abruzzi pag.412-416
Castel Menardo
E' Terra in Abbruzzo ultra; e venne detta dall'autore dell'opera dei Nomi delle Provincie e Terra del Regno Castel Menardo (nomi di Province, p.8); ma da tutti i Descrittori Castel Minardo (Sofia, Descr. p.180, Eng. Descr. p.180, Beltr. Desc. p.316, Nuov. Situaz. p.95).
Ognun vede che vuol dire Castel di Mainardo, nome del fondatore (Castellum Manardi, forse di Maenardo) e del Signor del Castello. Egli è descritto fra le Terre del Contado di Mareri, e Baronia di Collalto.
Fu ne' tempi di Carlo V di 82 fuochi; nel 1595 di 61; e nel 1669 di 67.
A D.i 4:20 pagava D.ti 281:40 alla Corte.
Nel 1173 Castel Menardo in Valle di Pietra nel Contado Reatino era tenuto da Gentile Vetulo per feudo di un Soldato a cavallo. Segno di ventiquattro famiglie.
Era nel 1424 della Baronia de Signori di Poppleto dell'Aquila, Conti del Corbaro. In un documento del detto anno si legge: Castrum Maynardi (Instr. r.N. Andr. Angel. 16 Jun. 1424 in Arch. Cath. acq. c.5.).
Nel 1528 per opera dell'Abate di Farfa Napolione Orsini, cui promisero di rifare trecento scudi di spese, furono ricuperati i Castelli di Peschio Rocchiano, e di Castel Menardo ai conjugi Eleonora Gaglioffi, e Conte Alessandro Marsciano.
Nel 1533 i conti di Marsciano agitarono lite con Antonello Savelli pei Castelli di Peschio, e di Castel Menardo (Instr. r. N. Berardin. d'Accian. 12 Nov. 1533 in Prothocoll. in Archiv. Civ. Aquil.).
Nel 1592 avevano i Cesarini Padronato nelle Chiese di S. Mauro, e di S. Sabino del Castello Menardo della Diocesi Reatina (Bull. Collat. A. 1592. ap. Naud. Tabul. Reat. Arm.7 fasc. H. n. 10); ma per lunga vacanza devolute al Papa; Clemente VIII le conferì a Bartolomeo di Prospero.
Nel 1669 è intestato feudo di Giuliano Cesarino (Nu. Sit. p. 412).
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Corografia storica degli Abruzzi pag.544-558
Collefecato
E' Terra d'Abbruzzo ultra (nomi di Province, p.8) né tempi di Carlo V situata di 93 fuochi (Eng., Descrittione del Regno, p.178), e di 63 nel 1595 (Nuova situaz. del Regno, p.95), e così nel 1669 (Beltr., Descr. p.198), qualor per essi a ducati 4:20 pagava ducati 264:69 alla Corte, che ne aveva assegnati ducati 200:59 à consegnatari. Il Sofia nella sua descrizzione del Regno nel 1614 (Sofia, descrittione del Regno, p.99), e gli altri descrittori dopo di lui, replicano questa Terra quasi fosser due, e nella Numerazion generale, e nella particolare di quelle del Contado di Mareri, e Baronia di Collalto.
Nel 1122 si legge S. Anastasia di Colle Fecato fra le Celle della Badia di S. Silvestro di Pietra Battida (v. S. Silv. di Pietr. Battit. 1122).
Nel 1143 Collefecato in Valle di Pietra nel Contado Reatono era tenuto da Gentile Vetulo per feudo di un soldato a cavallo, segno di ventiquattro famiglie.
Nel 1324 Ugo Stacca di Collefecato Signore di Poggio di Valle vendette questo Castello a Raimondo di Catania.
Nel 1424 era della Baronia dè Signori di Poppleto dell'Aquila Conti del Corvaro.
Nel 1450 assistette nell'Aquila al testamento di Margherita moglie di Lico di Rainaldo di Bazzano, e n'ebbe legato, Pietro Paolo di Petruccio di Rocca Oderisi Abate di S. Antonio di Collefecato (Instr. r. N. Antonucc. di Luz. di Dom. di Pogg. Vian. Aqu.1450 2 Ago. in Archiv. d. Sp. Magg. Aqu. n. 160).
Nel 1574 (Act. S. Visitat. 9 Mart. 1574. fol. 351.355 in Archiv. Cur. Reatin.) Pietro Castracani [CAMAIANI] vescovo d'Ascoli e Visitatore Apostolico della Diocesi di Rieti, venne nella Chiesa di S. Anastasia del Borgo di Collefecato che ei disse Castello della Giuridizione temporale di Giovanni Giorgio Cesarini, e di Giovannantonio Mareri a 9 di marzo, aveva il Castello più Ville, ed il Rettore delle anime risedeva nel Borgo a mezzo miglio da Castello nella chiesa di S. Anastasia, edificio scomposto, e disadorno. Dal Borgo più popolato, gli riusciva incommodo il salire al Castello per ministrate i Sacramenti, ed accorrere agli infermi. Era Rettore Sebastiano Quirico, e fece istanza perchè si decidesse fra lui, e Matteo di Prospero Abate di S. Giovanni a chi di loro spettasse la cura di trentatrè famiglie dentro il Castello.
La Badia di S. Giovanni è detta altrove come si vedrà, di S. Giovanni di Leopardo forse altra Villa di Collefecato allora distrutta, e si ebbe per vero o che da essa fossero passati in Collefecato quelle trentatrè famiglie, o che all'Abate tutte le anime fossero una volta date in cura, e poi se ne fosse trascurato l'obbligo.
Il visitatore per tanto sentiti i due contendenti, e i santesi, o siano Procuratori Laici della Chiesa, decretò che al Rettore di S. Anastasia si aggiungesse un sacerdote coadjutore per la cura, che risedesse nel Castello, e nella Chiesa di S. Maria dentro di esso, e che l'Università fosse acostretta a provvederlo di casa.
Non si spiega da chi si doveva lo stipendio al coadjutore, ma da quanto di fece poi sembra che dall'Abate.
Nel 1586 n'erano Baroni Francesco di Mareri, e Giuliano Cesarino (Mazzella, Descr. del Regno, 476).
Nel 1590 il vescovo Reatino Giulio Cesare Signo a 4 aprile decretò l'unione alla Chiesa di S. Anastasia del Borgo delle altre Chiese di S. Maria di Collefecato, e di S. Caterina, di S. Giovanni di Leopardo, di S. Tommaso, e di S. Croce delle Ville (Decr. union. 4 April.1590 cit. in Act. Visit. A. 1605 infr.)
Nel 1605 a 22 settembre (Act. S. Visit. 22 et 23 septembr. 1605 f. 181, 184, 185 in Arch. Vur. Episc. Reat.) il Vescovo Reatino Gasbare Pascali fece la sua visita in Collefecato e la cominciò dalla Chiesa di S. Maria di quel Castello, e nel di seguente caduto in venerdì in quella Chiesa notò i nomi de Preti, cioè l'Arciprete Giovanni Battista Cacciatempi, e tre Canonici Pascali di Felice, Vincenzo Roncetta dell'Aquila, e Vincenzio Quirico, e registrò che questi servivano anche la Chiesa di S. Anastasia. Quindi passò a quella, e la disse Parrocchiale del Borgo d'esso Castello.
Espresse, che la Cura delle Anime vi si esercitava da quei tre Canonici per eddomada (settimana) coll'Arciprete tanto in S. Anastasia quanto in S. Maria; che il Castello col Borgo era composto di ottanta fuochi; che la Chiesa di S. Anastasia, in vigore dell'unione del 1590, ch'egli venne così ad approvare, era già Collegiata con Capitolo, Collegio, Sigillo, e Borsa commune; che l'Arciprete era capo di tutti; che i quattro i quali rappresentavano il Collegio avevano quattro prebende col peso di risedere, e d'intervinire alle ore canoniche; e che invece delle distribuzioni quotidiane partecipavano de frutti delle Chiese unite.
Nel 1669 nella nuova situazione vien tassato Cesare Mareri per varj fiscali feudali sopra l'adoe di Collefecato, e sopra la Terra stessa (Nu. Situaz. p.375). Vien quivi segnato possessore della metà di Collefecato, del Poggio e della Valle Giulio Cesarino (Nu. Sit. p.411).
Nel 1707 il Vescovo di Rieti Martinelli a 5 febraio del suddetto anno confermò l'unione delle Chiese, la Collegiata, e tutto l'altro prescritto nel 1590, e 1605, e che si osservava; e fece stendere su ciò le capitolazioni (Decr. Episc. Reat. 5 Febr. 1707 cit. in Act. Visit. A.1712 infr.).
Nel 1712 (Act. Visit. A. 1712. 18 sept. f.13 a.t.65 in Arch. Cur. Episc. Reat.) venuto in visita a 18 settembre Bernardino Guinisio Vescovo Reatino la cominciò nel Borgo, e dalla Chiesa di S. Anastasia, e la disse Parrocchiale e Collegiata nuncupativa; di cui era Arciprete Bartolomeo Angelini, ma che era composta di tre Canonici: 1. Francesco Antonio Amicucci Parroco di S. Maria di Collefecato coll'obbligo di risedere nel Castello; 2. Niccolò Padovano, Parroco di S. Croce delle Ville tenuto a risedere in quella di S. Croce; 3. Giovanni Bravi, che risedeva in S. Anastasia; Coadjutore dell'Arciprete disse le rendite del Parroco di venti ducati; ma trovò controversa dai due Canonici di S. Maria e di S. Croce, ai quali riusciva incompatibile l'intervinire agli obblighi Divini in S. Anastasia in tutte le Feste.
Il Vescovo, li sentì, gli ridusse a trattato di fare nuovi capitoli. Furono di ricedere dall'osservanza di quelli. Il Curato delle Ville troppo lontane dal Borgo, lasciando all'Arciprete e agli altri due Canonici quanto possedevano prima dell'unione, ritenere per se, e pei successori le decime, e i terreni descritti nel Censuale di S. Croce. PEr mantenere una quasi unione, il Curato di S. Maria di Collefecato, e il Coadjutore continuare nell'unione coll'Arciprete, e venire ogni terza Domenica del Mese alla Processione, e agli ufizi nel solo mattino in S. Anastasia. E nella mattina del Corpus Domini l'Arciprete andare per la processione del Sacramento in S. Maria; e da quella tornare accompagnato dal Curato per fare lo stesso in S. Anastasia.
Il medesimo reciproco intervento nelle funzioni della Settimana Santa.
In qualunque tempo tutti e tre i Curati amministrare i Sacramenti promiscuamente ciascuno anche nella Chiesa dell'altro, e negli inviti alle Feste, preferire i Canonici ai Sacerdoti esteri. Questi articoli furono approvati dal Vescovo, che ne ordinò l'osservanza per decreto de 21 settembre.
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Corografia storica degli Abruzzi pag.604-620
Corbaro
Si veggono antiche vestigie nei Campi del Castello di Corvaro d'una via che da Roma pel paese degli Equi conduceva a quello de' Sabini, e forse di là a Vestini. Presso di quella si vede un Elogio di Sabidio (Phoeb. Hist. Mars. Lib. 3 cap. 5 p. 177).
Il Castello però non si ha per antico, ed è situato non lontano da Turano, e da S. Anatolia (ib.).
E' famoso per quel Pietro di Rainalduccio dell'Ordine de Minori, che divenne Antipapa.
Il Convento de Minori per altro non è recente, e vi si conserva con venerazione uno de Cappucci di S. Francesco; ma perché povero di rendite per la costituzione d'Innocenzo X restò soppresso, e addetto al Clero Secolare, sotto la Rettoria dell'Abate Curato (Phoeb. ib.).
Fu già il Corbaro sotto il dominio de propri Conti, uno de' quali vi fabricò la Rocca, munita di bastioni, che venuta meno col tempo, nel 1660 serviva per uso di carcere (ib.).
Venne in dominio di Marcantonio Colonna Gran Contestabile e Duca di Tagliacozzo (ib.).
Qui comincia il Paese degli Equicoli, ora Cicoli, abitanti tuttavia all'antica maniera in Ville, e Castelli senz'avere qualche illustre Città, e fra selve, e anfratti di monti. Restano con tuttociò anche fra le rovine di antico castello distrutto alle vicinanze di Corvaro un monumento della gente Vettena, ora nella Chiesa di S. Elpidio (Phoeb. ib.).
Nel 1267 i Guelfi di Firenze diedero la Terra a Signoreggiare per dieci anni al Re Carlo, ed ei vi mandò per suo vicario Amelio di Corbara a 14 aprile, che vi stette fin alle calende di luglio (Pieri Cronic A.1266.1267 ap. Marini Rer. Italicar. T. 2 c.29). E nel febbrajo 1268 lasciato in Toscana col suo Maliscalco, venuto Corradino a Pisa, e le genti di lui coi Ghibellini avendo fatta scorreria sopra Lucca, il Maliscalco co' Guelfi lucchesi, andato a Pisa, e poi a Firenze donde s'avviò per Puglia al Ponte di Valle nel Contado d'Arezzo fu sconfitto nel di di S. Giovanni di Giugno dalle genti di Corradino, e restarono presi esso ed Amelio di Corbara (Pieri iv. A. 1268. c.30).
Nel 1307, Bernardo Roiano cittadino potente dell'Aquila, perseguitato dal giudice, ne usci e passato a Rojo, e poi a Pizzoli, si dovette rifugiare fuori di quel Contado, e posò nel Corbaro.
Nel 1316 era posseduto dalla Contessa d'Albe, e denominato Corbaro della Baronia.Nel 1319 era Signore del Castello di Corbaro in Apruzzo Gentile di Amiterno (Regest. R. Sicli. Neap. 1319. p.8 ib f. 195 fascic.41).
Nel 1323 aveva cominciato a determinare quello Stato, per cui tanto fece poi di strepito Pietro di Rainalduccio del Corbaro (Ego Petrus de Corbaria si soscrisse nell'atto di sua rinuncia nel 1330. Corrottamente i posteriori scrittori l'an detto Cervara, o di Corbara; altra Terra d'Abbruzzi, ma nella Diocesi di Penne). Egli era già maritato con Giovanna Mattei, o di Matteo da qualche tempo; e per una sua o velleità, o altra voglia si risolvette senza consenso di sua moglie vestir l'abito di Minorita Francescano. In questo anno, benchè la moglie dissentisse, diede l'altro passo maggiore, e più irregolare facendo professione.
In Religione egli, che la trovò tra fazioni sul punto del Voto della povertà prese presto partito, e si diede a quello di Micchele da Cesena Stato Generale dell'Ordine, e poi divenuto uno de più grandi turbatori di quello. Coll'aderire alla persona dovette in breve aderire agli errori di Micchele, e benchè questo venisse condannato, egli non l'abbandonò, anzi procedette, come quello, ad entrare in maggiori partiti, divenendo fautore di Lodovico il Bavaro Imperadore apertamente nemico del Papa Giovanni XXII dimorante in Avignone (Act. Renunc. Petr. Rayn. mj ap. Raynald. annal. eccl. a 1330 n.12 - ead. ap. Bernin. Stor. dell'Eres. Sec. 14 cap. 3 p.502).
Stanziava nel Convento di Araceli in Roma Pietro, e quivi fra convittori religiosi ebbe Alvaro Pelagio sotto discepolo di Giovanni Scoto, Penitenziere Apostolico, e poi Vescovo prima di Corone in Acaja, e poi di Silves in Portogallo, dal quale fu descritto il suo carattere, e la vita (Alv. Pelag. lib. I. c.37 - Bernin. L.C. - Pelag. L.C.). Era disse un uomo ipocrita: decimava in alcune esteriori astinenze l'aneto, e l'amenta, ma in secreto facendo peculio sedeva di continuo tra femminelle romane, e cattava gloria.
Nel 1328 l'Antipapa Pietro Rainalducci, sotto il nome di Niccolo V. andato coll'Imperadore Lodovico il Bavaro a 5 Agosto 1328 in Viterbo, coi Cardinali scismatici da lui creati vi stette oltre a un mese, assistito e difeso da Silvestro Gatti, che teneva la Signoria della Città, in cui fece non meno funzioni solenni nella Cattedrale, che promozioni d'altri Cardinali, fra quali Pandolfo Capocci, cui conferì il Vescovado di Viterbo, vivente il proprio Vescovo Angelo de Signori assente, e da lui dichiarato decaduto. Anatematizzò e spogliò di benefici tutti gli ecclesiastici fautori del Papa vero, distribuendoli a suoi paritarj (Correttin. Chron. di Viterb. press. Bussi Istor. di Viterb. P. I. Lib.4. p.191). Passò poi a resedere in Pisa ne venne interdetto alla Città, sospenzione ai Provisti, e persecuzione d'armati a Viterbesi, che s'interruppe coll'ubbidienza prestata al Papa Giovanni a 15 febbrajo 1330, ma ritornati essi al partito del Corbaro, e del Bavaro, finì colla nuova assoluzione a 4 d'Agosto 1333 (Bull. Joh. P.P. XXII dat. Avenion. 15 Feb. 1330, et 4 Aug. 1333. cit. a Bassi Istor. Viterb. P.I L.4. p. 192.193).
Venuto Lodovico Bavaro in Roma, e non senza opera di Michel da Cesena, avendo a 18 di Aprile denunciato per decaduto dal Pontificato Giovanni XXII, diede l'altro passo, e inalzò al Papato Pietro Rainalducci, che prese il nome di Niccolò V.
Le prime cure nel suo antipapato furono di servire in tutto al suo Promotore Lodovico. Egli lo incoronò di nuovo Imperatore, con sua instanza egli scomunicò il Papa Giovanni XXII. Creò alcuni Cardinali, scomunicò molti cattolici (Giovan. Villani Cr. L.20 c.75). Alla fama di tanti rumori si svegliò Giovanna Mattei sua moglie vivente ancora, e parendo a lei che nel nuovo stato non dovesse dissimular più, fece istanza avanti a Giovanni vescovo di Rieti nella Diocesi del quale è Corbaro, e intentò giudizio sull'invalidità della professione di suo marito (Decr. Ep. Reat. 29 dec. 1328). Riportò presto quella sentenza, che giustamente spettava, e per decreto de 29 dicembre fu detto essere stato senza di niun giusto titolo disciolto il Matrimonio, e che perciò doveva ritornare a Giovanna Pietro, il quale mutato nome si faceva chiamare Niccolò (in Regest. Vatic. an13 p.118 - idem cit. a Bein. Guid. de Imp. Rom. ms. 111, Bibl. Vatic. n.2043 ap. Bernin. Stor. dell'Eres. Sec. 14. C. 3 - id ap. Wadign.).
Fu trasmessa originalmente in Avignone al Papa Giovanni XXII e da esso fu partecipata a tutti i Principi Cristiani (Epist. Secr. To. 7. p. 1. p. 118 ap. Bernin. L. C.).
Pietro però non cedette si presto, e durò nello scisma ancor dopo partito il Bavaro da Roma fino alla state del 1330 allora si portò a Pisa, e da Pisa in Avignone a pie del vero Papa. Avanti di lui, del Collegio de' Cardinali, e di molta Prelatura, Clero, e Popolo in Concistori pubblico a 25 di Agosto (Act. renunc. Petr. antip.ap. Rayn. An. Eccl. a 1330 n. 12. ead. ap. Bernin. L.C.).
La Baronia del Signore del Corbaro era tassata nel Vescovado di Rieti per le Decime circa il 1354 (Act. Decimar. 1407).
Nel 1672 aveva già il Contestabile Colonna titol di Duca della Corvara (Campanil. Notiz. di Nobilt. Not. 19 p.443).
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Corografia storica degli Abruzzi pag.144 o 127
Poggio di S. Giovanni
Terra in Abbruzzo ultra, e del Contado di Mareri, e Baronia di Collalto, ne' tempi di Carlo V di 19 fuochi, di 21 nel 1595, e di 31 nel 1669, per cui a 74:20 pagava 7130:20 alla Corte, che ne aveva dati 71:98 a Consegnatarj (Cost. nom. d. Prov. p.9 - Sof. descr. d. R. p. 102 - Eng. descr. p. 180 - Beltr. descr. p. 315 - Nu. Situaz. p. 100).
1316 Francesco di Rocca di Ranisio, o sia Randisio era possessore di Poggio S. Giovanni (Regest. Robert. Reg.1316).
Nel 1669 fu situata feudo di Giuliano Cesarino (Nu. Sit. p.422).
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Corografia storica degli Abruzzi pag.437
Spedino
E' Terra in Abbruzzo ultra, e del Contado di Albi e Tagliacozzo. Ne' tempi di Carlo V di 29 fuochi, di 22 nel 1595, o come dice l'Eng. di 21, e di 23 nel 1669, f cui a 74:20 pagava 754:60 alla Corte (Cost. nom. d. Prov. p. 10 - Sof. descr. d. R. p.104 - Eng. descr. p. 182 - Beltr. descrit. p.315 - Nu. Situaz. p. 102).
Nel 1669 n'è detto possessore Filippo Colonna duca di Tagliacozzo (Nu. Sit. p. 427).
Nel 1316 venne denominato Speduno (Regest. Robert. Reg. 1316).
Era Villetta. Fr. Girolamo di Spedino nel 1480 fu uno de Padri che ridussero in Convento de Frati minori il monastero di S. Angelo d'Ocra.
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Corografia storica degli Abruzzi pag.732-735
Torre di Taglio
E' Terra d'Abbruzzo ultra, e del Contado di Mareri, e Baronia di Collalto detta dal Sofia Torre del Taglio era ne' tempi di Carlo V. di 56 fuochi, di 64 nel 1595, e nel 1669 di 61, per cui a F. 4:20 pagava D.ti 256:20 alla Corte (Cost. nom. d. Prov. p. 10 - Sof. Desc. d. R. p. 102 - Eng. Desc. p. 181 - Beltr. Descr. p.316 - Nu.Situaz. p. 103).
Sopra d'un piccolo ruscello, che ha il suo ponte è situata Torre di Itaglia, e su quel ponte si legge memoria di Rajo che militò nella Corte Pretoria, Beneficiario del Cesare Druso (Phoeb. Hist. Mars. L.3. c. 5. p. 178).
Nel 1534 si ha menzione del Castello di Torre di Tutaglio in contratto fra gli eredi d'Antonio di Paolo di quel Castello, e Battista di Iacopo di Amichetto di Radicaro Villa non lontana (Instr. v. Radicar. p. m. N. Ang. Fabii. de Pod. Vian. Comitat. Marer. 20 Jan. 1534, in Arch. Civ. Aqu. n. 296).
Nel 1669 seguiva il feudo in testa di Giuliano Cesarino (Nu. Sit. p. 428).
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Corografia storica degli Abruzzi - vol.XL-1 - S.Stefano-Serra - pag.17-20
S. Anatolia
Terra d'Abbruzzo Ultra del Contado d'Albe e Tagliacozzo detta dal Costo: Santo Natoglia (Costo nomi di Provincia p. 10); dal Sofia Santa Natolia (Sofia descrizione del Regno, p. 104); e nella Nova Situazione Santa Natoglia (Eng. Descrittione, p.182, Beltrano Descrittione p. 316, Nuova Situazione p. 102).
Era ne' tempi di Carlo V di 130 fuochi; di 114 nel 1595; e nel 1669 di soli 43 per cui a 74:20 pagava 7180:60 alla Corte.
Nel 1669 n'è descritto Padrone Filippo Colonna duca di Tagliacozzo (Nuova Situazione p. 427),
Dopo quanto s'era scritto da Aleri, così scrisse il continuatore del Ferrari (Corner Stagio. Log. Ital. 9 Iul. 1.2.p.21 ex Mro. Soc. Rom. Adon. Ferrar. et altri)):
Anatolia Vergine Romana, da un giovane, le cui nozze ella aver ricusate pel desiderio di custodire la verginità fù accusata per Cristiana nella persecuzione dell'Imperadore Decio, e fù mandata in esilio in Tora città presso il Lago Velino. In quella promulgando essa le lodi di Cristo Dio e facendo molti miracoli, convertì anche molti alla luce dell'Evangelio. Imprigionata dunque dal Presidente Faustiniano, non essendosi potuta indurre per alcun modo al culto degli Idoli, sospesa nell'eculeo, fù fatta tormentare crudelmente. e poi scottare per via di fpcelle applicate ai fianchi. Fu poi racchiusa in carcere, nel quale da Audace uomo venefico fiè introdotto un serpente, perché con qualche morsicatura mortale la finisse. Vi stesse il serpente tutta la notte senza fare alla Vergine offesa alcuna. Nel mattino seguente andato Audace nel carcere fu assalito da quello e l'avrebbe ucciso se per le orazioni d'Anatolia non gli fosse stato vietato di morderlo. Audace allora commosso da quel miracolo si fece Cristiano e per la conversione di lui, il Preside fece trafiggere di spada Anatolia, e non molto poi decapitare Audace. I corpi de' due martiri furono sepolti da Cristiani, quello però di S. Anatolia presentemente si conserva e si venera nel castello del nome stesso di S. Anatolia, ai confini del Piceno, e dell'Umbria, nella Chiesa a lei dedicata, nella quale se ne celebra la festa a 9 di luglio.
Aggiunge altrove (Corner. ib. 23 Dec. p. 354 et A. don.), che il nome dello sposo rifiutato dalla Santa, era quello di Aurelio, e che colui implorò l'aiuto di Eugenio promesso sposo a Vittora Sorella d'Anatolia, acciocché l'esortasse a consentire alle nozze. Ma ne avvenne il contrario, perciocché Vittoria dalle parole della Sorella, allettata a mantenere la Verginità, rifiutò ancor'essa Eugenio, e confortata dalle parole e dall'esempio d'Anatolia, vendute le gemme e gli altri ornamenti, ne distribuirono tutto il prezzo ai poveri, onde a denuncia degli sposi, furono trasportate per ordine di Decio nei presidi quei medesimi, dovel afflitte di fame, e di patimenti, stettero costanti nel loro proposito, e a Vittoria, che aveva aggregate altre Vergini fù trapassata una spada nel cuore dal carnefice Taliarco mandato colà dal Pontefice del Campidoglio ad istanza di Eugenio. Fù il corpo di lei riverentemente sepolto, ma non è notato da chi e dove.
Nel 1282 dal Papa Martino IV si mandò in Portogallo per sottocollettore della decima di Terra Santa Monaldo di S. Anatolia dell'Ordine de' Minori. Or si vuole, ch'egli fosse del Castello di S. Anatolia della Diocesi di Camerino della Marca d'Ancona, nel quale i Frati Minori ànno convento (Bull. Martin. IV PP. dat apud Mont. Flascon. 3 id. Nov. Pont. A 2. ex Reges. Vatic. p. 112 ap. 113 ap. Wading A. O.M. 1282 n. 6 et ap. Sbaral. Balalr. Francisi T. 3 p. 496 et 497 not.b.).
In istrumento scritto in Amiterno nel 986: viene nominato il fiume Torano, che ha preso, come vuole il Galletti, quel nome da Tora antica città, i cui vestigi si veggono tuttora di rimpetto a Castelvecchio, e Antuni, poco sopra Collepiccolo, ove è la divota, e frequentata Chiesa di S. Anatolia, il cui Sacro corpo è stato poi trasferito nella Chiesa del Monistero di Subiaco. Era Tora distante da Trebula Metusca, oggi Montelione nella Sabina, circa sette miglia, o tredici, o quattordici da Rieti (Galletti del Primicer. p.79 et 347.).
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Corografia storica degli Abruzzi pag.880-886
Turano dell'Aquila o d'Apruzzo
1316. Fù contato fra i beni feudali di Amelio de Corbaro Torano con altri feudi a confini d'Apruzzo (Regest. Robert. Reg. 1316).
Terra d'Abbr. ultra, e del Contado d'Albe e Tagliacozzo, detto alla Nuova Situazione del 1669 Turano dell'Aquila, a differenza del Turano detto di Penna. Era ne' tempi di Carlo V. di 109 fuochi, nel 1595 di 84, e nel 1669 di 61 per cuji à f. 4:20 pagava 256:20 alla Corte (Sof. Descr. d. R. p. 104 - Eng. Descr. p. 182 - Beltr. Descr. p. 316 - Nu. Situaz. p. 103).
Se non proviene il nome dal fiume, e se al fiume non proviene da Tora, potrebbe Turano esser nome più che antico. Marte in una Tavola Eugubina si dice Turano. Da Omero si disse Turios, Τὦριος 'Αρὕς (Guarnacc. Ong. Ital. Lib. 5. c. 1. p.63)
Si ripete l'origine del nome da un predio di Sabidio Tauro, detto perciò Tauranutur, e si vuole che fosse lo stesso con Sabidio vissuto a tempi di Tiberio Imperadore, di cui s'ha monumento nel vicino Corbaro. Altri penda che abbia l'etimologia dal fiume Torano, che gli scorre d'appresso (Phoeb. H. Mars. L.3, c.5, p.176 v. Sabidius Taur. - v. Sabis. Primigis. - Cluver. Ital. Ant.).
Ma del Castello si vuole che sia la fondazione dopo il 1268, cioè che devastati dal furor militare dell'esercito di Corradino le ville del contorno, gli abitatori privi di case, e di sostanze, per non patire consimili disgrazie altra volta, si unirono a fabbricare un luogo di abitazione comune. A questa o tradizione, o conghiettura, quadrerebbero ambedue l'etimologie del nome. Meglio però la seconda, perché meno erudita, e più naturale, ed ovvia (Phoeb. L. c.).
E' Turano distante da S. Anatolia un miglio, ed altrettanto dal Corvaro.
Nel 1240 l'Abate di Turano, della Diocesi Reatina, dal Papa Gregorio IX venne delegato a prendere informo della vita, e de miracoli di Oddone Certosino morto in concetto, e venerato in Tagliacozzo (Brev. 13 dec. 1240. cit. ab Anon. Hagiolog. Italic. 14 januar. v. Tagliacozz.).
Nel 1310 nella Diocesi di Rieti, Oddone Prete della Chiesa di S. Tommaso di Latuscolo, dal Vescovo Reatino agli 8 di Dicembre fù conferita la Chiesa di S. Martino di Turano della Diocesi medesima (Bull. Collat. A. 1310. 8 dec. ap. Naud. Tab. Reat. Arm. 7 fasc. 5, n. 1).
Nel 1537 fù prescritto a Lucio Garriga Tesoriere della Provincia d'Apruzzo ultra, che non molestasse Ferdinando Rota per l'adoa da beni feudali da 14 ottobre 1533 in avanti, giacchè da quel giorno, preso possesso dell'ufizio di Presidente laico della Regia Camera, era divenuto immune (Arrest. Reg. Cam. 30. oct. 1537. ap. de Marin. n. 40).
I feudi del Rota erano Turano, Marano, Rosciolo [nè Marsi], e Rizzacorno [presso Castelnuovo di Lanciano] (v. Vita di Ber. Rota). Antonio Rota che viveva nel 1496 ebbe più figli, alcuni gli premorirono, e Ferdinando gli succedette nei feudi. Costui non ebbe figli, e gli succedette il fratello Alfonso, che pure senza prole morì nel 1565. Restò erede Berardino Rota chiaro Poeta, che morì nel 1575 (v. iv.).
Nel 1316 fu registrato Turano fra le terre della Contessa d'Alba (Regest. Robert. Reg. 1316).
Ne siegue, che tanto quella, quanto le due altri ne Marzi, furono acquistate dai Rota qualche tempo dopo (v. Pizzocorno 1313).
Nel 1610 era Marchese di Turano Gio: Pietro Caffarelli Romano (Lett. del Cap. Aqu. 7 marz. 1610, in Arch. d. Citt. Aq. c. 90.
Nel 1669 è segnato Marchese Gasparro Caffarella (Nu. Sit. p. 405) benchè ivi in altro luogo si dica Giovampietro Caffarella, perciocchè forse stava ancora à costui che viveva nel 1610 (iv. p. 406).
Nel 1586 n'era Signore Ascanio Caffarelli (Marzell. Desc. del Regn. p. 477)