1788: Saverio Marini
"Memorie di S. Barbara, Vergine e Martire di Scandriglia detta di Nicomedia. Protettrice principale della città e diocesi di Rieti: Raccolte ed esaminate da monsignor Saverio Marini Vescovo della stessa città. Dissertazione. In Fuligno 1788. Per Giovanni Tomassini stampator vescovile. Con approvazione"
Monsignor Saverio Marini, vescovo di Rieti e storico del reatino, nacque a Pesaro il 12 aprile 1728 e morì a Rieti il 6 gennaio 1812. Nel 1788 nelle sue "Memorie di S. Barbara", scrisse:
"155. Quanto alla decadenza delle parti di Scandriglia, abbiamo la testimonianza di fatto dalle ruine, e vestigie di antiche fabbriche, che si conoscono per ogni verso, ed anche non lungi dal sito, dove si venerava il corpo della nostra santa. Le storie poi assicurano l'esistenza negli antichi secoli di parecchie città della Sabina, che in oggi più non esistono, e di alcune si dibatte fra i critici dove erano fabbricate. - 156.
Fra queste città dirute della Sabina il Ferraris nel suo dizionario geografico, ed alcuni altri collocano anche l'antica Tora, e la suppongono dove oggi dicesi Castel Vecchio, feudo dell'eccellentissima casa Borghese nella mia diocesi, e che la sua denominazione derivasse dal fiume Turano, che vi scorre sotto, e bagna gran parte di quel territorio, e del territorio di Colle Piccolo, altro feudo di detta casa, che gli sta di prospetto. Io non stento a credere, che il residuale vocabolo "Rocca Tura", che resta dentro Colle Piccolo, (e che forse sarà stato altro paese, o più antica fortificazione, che le geografie non ci ricordano) derivato sia dal fiume Turano, per quanto può valere l'argomento desunto dall'etimologia dei nomi. Ma l'antica Tora nè dal Turano prese la denominazione, nè presso il Turano esisteva.
Anche questa città era compresa dentro la mia diocesi, ma ben lungi da CastelVecchio, ben lungi dall'origine e corso del fiume Turano. Stava questa nelle parti del regno sul confine degli Equicoli, e dei Marsi, come avvertì anche monsig. Corsignani nella sua "Regia Marsicana" presso la terra chiamata Torano, feudo Caffarelli, e presso l'altra terra, poco distante, detta S. Anatolia, feudo dell'eccellentissima casa Colonna. Colà di questa diruta città si riconoscono le vestigia, e nel declivio della montagna vicina le vecchie carte del mio archivio danno gli antichi titoli di "S. Anatolia in Tora", di "S. Lorenzo in Tora", di "San Leonardo in Tora", di "San Costanzo in Cartora"; ed ivi confessarono col martirio la fede in Gesù Cristo i Santi Audace, ed Anatolia. Ne restai maggiormente convinto nella sacra visita, che colà feci l'anno 1786., e riconobbi, che giustamente indicò il Baronio il luogo del detto martirio, col dire ai 9. di luglio: "In Civitate Thore apud lacum Velino", e in una sua pendenza vi resta il lago sempre perenne, che si chiama "Lago della montagna Velina". Riconobbi ancora nell'orto di casa dell'ab. Cattivera, parroco di Torano, l'avanzo dell'iscrizione, che stava al simulacro di Giove, eretto nei tempi della cieca gentilità da Sabidio Tauro, tal quale fu pubblicato dal riferito Corsignani:
J O V I . M A X I M O . S A B I D I V S . T A V R V S
e convengo col medesimo, che questo Sabidio Tauro, che dimorava in quelle parti, dasse il nome all'antica città di Tora. - 157. Non avendoglielo dato il fiume Turano, nè potendosi supporre questa città presso Castelvecchio, quantunque vi sia un antico titolo di S. Anatolia, dove in oggi vi è un convento de' P.P. Cappuccini, è totalmente falso ciò, che alcuni di quei contorni spacciano, cioè, che ivi la santa suddetta ebbe il martirio, che in quella chiesa del suo titolo restò per molti secoli il di lei sacro corpo, e che poi con frode i monaci benedettini lo levarono e trasportarono in Subjaco.
Il sacro corpo di questa santa per più secoli restò dove patì, e precisamente nella chiesa parrocchiale di mia diocesi della terra detta di S. Anatolia presso i Marsi, dove i popoli vicini, e lontani concorrono ogni anno per la sua festa, e per i loro bisogni a venerare, ed invocare la santa, riconoscendo quella chiesa come luogo del suo trionfo, e per qualche tempo della gloriosa sua sepoltura. Se i monaci Benedettini di là, e non mai da Castelvecchio ne fecero la traslazione ad altra chiesa, e poi a Subjaco, la fecero in virtù dei diritti, che aveva il loro monistero sopra quella chiesa, come gli aveva sopra di altre anche dentro la mia diocesi, conforme costa da un vecchio registro del secolo XIV., che conservasi nel mio archivio. Essendo stata questa santa nella mia diocesi, i suoi titoli erano parecchj.Imperciocchè oltre Castelvecchio, altra chiesa della sua invocazione stava agli Staffoli, altra alle Piagge per la strada, che da Rieti mena a S. Salvator Maggiore, altre fra i due territorj di S. Benedetto, e Magliano vicino a Rieti, ne perciò deriva, che in quelle parti abbia patito, o abbia avuto luogo il suo sacro deposito. - 158. Io non so, se nella diocesi di Terni, e precisamente nel territorio di Piedilugo, che confina colla mia, vi sia memoria d'alcun titolo di questa santa. Mi si suppone, che non vi sia, ma quand'anche vi fosse stato, o vi fosse, è egualmente falsa la supposizione di alcuni di quel paese, che colà fosse edificata l'antica Tora, che colà patisse S. Anatolia, e che del lago di Piedilugo, perchè vi scorre il fiume Velino, intendesse parlare il citato Baronio. Come nota il Sollerio (in Usuard. 9.Jul.) S. Anatolia è stata reatina, e come reatina la dichiarò il Baronio; onde per lago Velino, non significò il lago di Piedilugo, ma bensì quello della montagna Velina. Le cose adotte convincono, e la distanza di Tora da Rieti, che assegnò Dionisio D'Alicarnasso (lib. I) di 40. miglia lo conferma. Questa non si verifica ne per Castelvecchio, ne' per Piedilugo; si verifica però a meraviglia per la riferita terra di S. Anatolia nei confini dei Marsi, dove la Sabina non arrivava".