A cento anni dal terremoto
Discorso di Antonio Placidi all'interno della chiesa di S.Nicola in occasione della commemorazione dei 100 anni dal terremoto del 1915
L'alba tragica di cento anni fa vide la fine di un paese piccolo ma armonico, storico e unito. S.Anatolia divenne martire degli eventi ed il suo sviluppo fu pesantemente condizionato, perdendo quelle caratteristiche di borgo medievale che la annoveravano tra i paesi importanti del Cicolano e dell'Abruzzo Aquilano sud-occidentale. Molte famiglie erano protese ad ingenerare un miglioramento che sicuramente nel corso degli anni avrebbe avuto notevoli ripercussioni sulla vita economica, sociale e culturale di tutto il paese. Ma tutto ciò fu tragicamente interrotto dal sisma che causò la morte di ben 94 nostri cari determinando un impoverimento della forza lavoro, uno stravolgimento delle abitudini quotidiane e la perdita di quell'entusiasmo che da solo è in grado di compiere miracoli nella vita dell'uomo.
Per lungo tempo, si visse nell'indigenza e nella mancanza di attività socio-culturali, in una rassegnazione fatalista che di fatto portò il paese indietro di secoli paralizzando ogni nuova iniziativa. Non si intraprese cioè un cammino specifico per tornare alla normalità. A tutto ciò va aggiunto che di lì a poco la Grande Guerra sottrasse ancora le risorse economiche stanziate per la ricostruzione e privò il paese di altri 29 giovani eroi, tutti intraprendenti e di sicuro avvenire. In una parola: i migliori. Trascorreranno circa 40 anni, prima di trovare la forza economica e l'intraprendenza dei tanti coraggiosi che, emigrati in Europa e nelle Americhe, riuscirono ad incanalare i proventi dei loro sudori nell'opera di ricostruzione delle abitazioni distrutte. Lo stato non fu prodigo di finanziamenti e, nonostante una fugace apparizione del Re pochi giorni dopo il sisma che fece ben sperare, nella realtà ci furono assegnate, inizialmente, solo baracche con il tetto in lamiera e, a partire dal 1922, le prime casette asismiche dalla superficie di circa 36 mq. e prive di servizi igienici.
La seconda guerra mondiale causò ulteriori lutti ed impoverimenti per cui continuò l'emigrazione soprattutto verso l'Argentina. Solo nel 1960, grazie all'istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, l'acqua potabile giunse a Verrecchie. Le prime fognature furono realizzate sul finire degli anni '60 ed inizio '70, la strada principale fu asfaltata nel 1970.
Ho voluto elaborare questo brevissimo excursus per far comprendere alle nuove generazioni che, se tengono a questo paese, e non ho alcun dubbio per pensare il contrario, devono continuare a collaborare per lo stesso e ad inventarsi iniziative. Posso assicurare le autorità presenti S.E.il Vescovo, il Sindaco, il Presidente dell'ASBUC e gli Amministratori presenti, che in questo momento, i nostri ragazzi non sono solo la nostra speranza ma rappresentano una compagine concreta piena di iniziative. Sono il fulcro della società del paese e questa manifestazione di oggi ne è l'ultimo esempio. Certamente dobbiamo essere al loro fianco e non spegnere i loro entusiasmi.
Io personalmente li ringrazio tutti e li sprono ad andare avanti mettendo a loro disposizione, senza nessuna preclusione o imposizione, il mio modestissimo bagaglio di esperienza e conoscenza.
Infine, per rendere ancora meglio la cognizione della involuzione del nostro paese, mi piace ricordare che nel 1954 in I° elementare con il compianto maestro Antonio Amanzi eravamo 36 alunni, più di tutti quelli che oggi frequentano elementari e medie. Non avevamo giocattoli ma solo lo stretto necessario per la scuola. Portavamo la legna per la stufa e soffrivamo il freddo. Eravamo però ugualmente felici ed orgogliosi di appartenere a S.Anatolia. Come vedete quindi in cento anni molte cose sono state realizzate ma non siamo stati al passo con crescite più dinamiche che altrove hanno determinato un importante sviluppo, occorre perciò alimentare costantemente quello spirito che spinge tutti verso il fare e verso l'impegno. Solo attraverso questa partecipazione possiamo sperare che finalmente, smaltito l'atavico pessimismo e rassegnazione, diamo sano sfogo alle nostre idee, ai nostri sogni, alle iniziative economiche per rendere in tal modo il dovuto omaggio alla memoria dei nostri cari caduti che sicuramente volevano queste cose, ma purtroppo mancò loro la fortuna.
S.Anatolia 13.01.2015
Avv. Antonio Placidi