Capitolo VII - La Chiesa nel XIX secolo

1. Visita pastorale del vescovo Gabriele Ferretti - 2. Seconda visita pastorale del vescovo Ferretti - 3. Visita pastorale del vescovo Filippo Curoli - 4. Seconda visita pastorale del vescovo Curoli - 5. La chiesa della Madonna Addolorata - 6. Visita pastorale del vescovo Gaetano Carletti - 7. Risposte del parroco al questionario del vescovo Carletti del 1851 - 8. Visita pastorale del vescovo Egidio Mauri - 9. Chiese sepolcrali e cimitero di S.Maria

1. Visita pastorale del vescovo Gabriele Ferretti

Dopo la morte del vescovo Marini, avvenuta il 6 gennaio del 1812, la diocesi di Rieti rimase vacante per quasi tre anni, fino al 26 settembre del 1814 quando venne nominato Carlo Fioravanti. Questi morì quattro anni dopo il 13 luglio 1818 e al suo posto venne nominato Francesco Saverio Pereira. Ancora quattro anni dopo, il 2 febbraio del 1824, morì il vescovo Pereira, che venne rimpiazzato da Timoteo Maria Ascenzi che si dimise il 24 aprile 1827. Il 21 maggio 1827 venne nominato vescovo di Rieti don Gabriele dei conti Ferretti che rimase in carica fino al 29 luglio 1833 data in cui fu trasferito in qualità di arcivescovo titolare di Seleucia di Isauria (1).

Nel 1828 il vescovo di Rieti Gabriele Ferretti visitò il nostro territorio e, come di consueto, scrisse il resoconto dello stato delle chiese, dei sacerdoti e della popolazione delle varie parrocchie (2). Nell'Archivio Vescovile di Rieti è archiviato il manoscritto originale, molto chiaro e ricco di curiosità interessanti. Riportiamo qui di seguito l'estratto della visita di Sant'Anatolia nella sua versione integrale e senza inutili commenti:

«Sant'Anatolia - 27 aprile 1828 - Da Torano monsignor vescovo col suo seguito passò alla terra di S. Anatoglia e venne accolto nella casa del Sig. Abate don Pietro Placidi dove si trasferì dopo di aver gravemente orato nella chiesa parrocchiale. La terra di S. Anatoglia dista circa un miglio e mezzo da Torano. E' situata sopra una amena collina alle falde degli Appennini non molto lungi dall'agro Torense. E' composta di 443 anime, divise in 64 famiglie circa. Era feudo di Colonna, ora è unita alla comune di Borgo Colle Fegato.

Chiesa Parrocchiale

Veduta dall'esternoLa Chiesa Parrocchiale posta dentro il paese è dedicata a S. Niccola. E' di moderna architettura a volta, lunga canne 10 larga canne 4. Ha 10 archi aperti, ed uno chiuso per parte. In fondo è l'altare Maggiore elevato dal resto della chiesa, per mezzo di due gradini con un ovato al di sopra ove in un quadro è dipinta la Vergine Santissima e San Niccola ed ai lati due statue di legno dorate ed inverniciate, rappresentanti San Niccola e Santa Anatoglia; sotto le quali sono 2 porte che danno l'ingresso alla Sagrestia. E' dedicata a S. Niccola di Bari: ed in esso conservasi il Santissimo Sagramento.

Il Sagramento aveva un monte frumentario di 15 salme, che ora è soppresso, e possiede alcuni beni dalla cui rendita l'amministratore deve render conto alla pubblica beneficenza. Con tal vendita si deve mantenere la lampada, si deve provveder la cena per tutte le Sante Domeniche, e solennità dell'anno, e per soddisfare gli obblighi seguenti: quattro messe all'anno per Antonio Placidi. Una messa all'anno per Francesco Gentile. Quattro messe all'anno per Antonio Amanzi.

1990 - Parrocchia di S.Nicola

Non si sono soddisfatte, onde si è risoluto di scrivere al Sig. Intendente affinché faccia metter questi obblighi nei cosiddetti Stati discussi, onde almeno in avvenire siano adempiti. In oltre colle medesime vendite si danno 4 carlini a parroco per la messa solenne, ed un tarino a ciascun canonico nel dì del Corpo del Signore, e a' 4 maggio, giorno dedicato a San Atanasio.

Il primo altare a cornu epistule è del Santissimo Suffragio. Possedeva quell'altare un piccolo fondo che più non esiste. Il secondo altare è dedicato alla Madonna Santissima del Carmine, ed è patronato della famiglia Placidi. Vi è un beneficio semplice patronato della medesima famiglia, fondato da Antonio e Camilla Placidi coll'obbligo di 2 messe al mese, e di altre 3 all'anno. Si possiede dal Sig. don Giuseppe Placidi, il quale ha giurato di averle sempre celebrate. Il terzo altare è dedicato a S. Luigi Gonzaga. Il quarto alla nascita di Maria Santissima, che fu eretto nel 1785 dalla congregazione di alcune zitelle, che tutt'ora ospita, e che ogni anno fa celebrare la festa. Il primo altare a cornu evangelii è dedicato alla Madonna del Rosario. Aveva un monte frumentario di venti salme di grano, che ora è dissipato. Possiede ancora de' beni particolari, colle di cui rendite si devono far celebrare due messe all'anno per Carlo Amanzi che lasciò alcuni pezzetti di terra ascendenti a coppe 44.

Anche nella prima domenica di ottobre si danno 14 carlini all'abate, ed un tarino a ciascun canonico. L'abate per altro è obbligato a provvedere la cena per la messa, e per i primi, e secondi vesperi della solennità del rosario, a recitare il rosario in tutte le feste dell'anno, a celebrarvi in ogni prima domenica del mese, e farvi la processione. Le due messe per Carlo Amanzi non si sono celebrate, onde siccome il procuratore del Rosario deve ogni anno render conto alla pubblica beneficienza, si è risoluto di scrivere al Sig. Intendente, affinché faccia porre anche questa partita negli Stati discussi. Il Sig. Presidente della Commissione Diocesana ci ha assicurati, che in quest'altare trovasi eretto sin dal 1640 un beneficio semplice, che si possiede dal Sig. don Angelo Falcioni. Il secondo altare è dedicato a S. Giovanni Battista. E' senza pietra sacra. Appartiene alla famiglia Spera. Ha un beneficio semplice patronato col peso di una messa al mese, che si possiede dal Sig. abate don Pietro Placidi, il quale ha giurato di aver soddisfatto.

L'interno della chiesa di S. Nicola di Bari

 

Questa chiesa parrocchiale è ancora collegiata, ed il Capitolo è composto dell'abate e di tre canonici. Devono per antica consuetudine assistere alle messi solenni, ai Vesperi ed alle altre funzioni, intervenire alle processioni ed associare i cadaveri. Partecipano coll'abate alle decime ed agli emolumenti de' funerali.

Tanto l'abbazia, quanto i canonicati sono patronati della casa Colonna. Ma il diritto resta in sospeso, perché non ha ancora questa casa mostrata la fondazione. La Bolla dell'abbazia è stata spedita da Monsignor Ascenzi al Sig. Pietro Placidi nominato dagli eredi Colonna, e ritrovato idoneo per esame ad formam concussy ma siccome non è certo il diritto della casa Colonna, la Bolla non fu eseguita.

Onde presentemente l'abazia viene amministrata dal prelodato Sig. don Pietro Placidi in qualità di economo. Egli è nell'età di circa 46. Il canonico più anziano è il Sig. don Arcangelo Amanzi di anni 80. Il secondo canonico è il Sig. don Giuseppe Placidi di anni 52. Il terzo canonico è il Sig. don Angelo Falcioni di anni 54. Non vi sono altri ecclesiastici.

Circa le ore ventitrè Monsignor Vescovo si portò in questa chiesa parrocchiale ove accolto dalle solite cerimonie, fece le consuete aboluzioni, tenne un lungo eloquente discorso, ed amministrò il sagramento della Cresima a più di 230 persone. Tornato a casa parlò con molti di vari rilevanti affari, e dopo di aver cenato andò a riposare.

28 Aprile 1828 - Monsignor Vescovo ha questa mattina celebrata la messa nella chiesa di S. Anatoglia, nell'altare dedicato alla Santa. Terminata la messa ha cresimato altre 15 persone, è tornato a casa ha procurato di conciliare varie discordie, ha dati dei consigli a chi lo ha consultato, ha paternamente ammoniti coloro che tengono pratiche scandalose.

Chiesa di Santa Anatoglia

2004 - Santuario di S.AnatoliaQuesta stessa mattina si è fatta la visita della chiesa di S. Anatoglia. Rimane in poca distanza fuori del paese. L'antichissima e Consagrata. Ha di lunghezza circa 11 canne, di larghezza cinque. E' a tre navate con diversi archi, e tutte le navate sono a volta. Era qui un monastero di Monaci Benedettini, ma presentemente non ne rimangono che pochi indizi. L'altare maggiore ha una pittura a fresco, che rappresenta la nascita di nostro Signore con alcuni angeli che tengono in mano gli emblemi della Passione, l'Annunciazione di Maria Santissima da un lato, dall'altro l'adorazione dei Magi. Questa pittura è stata recentemente ritoccata, e solennemente deturpata.

In fondo alla navata a destra di chi entra in chiesa, vi è una cappella con altare dedicato alla Santissima Pietà. E' umilissima, recinta da una balaustra di legno e vi sono due sepolture. Il quadro rappresenta Gesù già deposto dalla Croce. Aveva quest'altare un monte frumentario, che a tempo di Monsignor Camanda ascendeva a 80 salme di grano. Ora è dissipato. Possiede però alcuni beni stabili e deve far celebrare una messa in ogni mercoledì pel G. Fabio Di Domenico. Queste messe si celebrano dall'abate per due porzioni, per la terza porzione da' canonici.

A cornu evangelii esiste un'altra Cappella in fondo alla navata. E' dedicata a S. Sebastiano, di cui evvi una statua di legno. La comune celebrava la festa di questo Santo; e dava il conveniente stipendio all'abate, ed a Canonici. Ora non più. Nell'altare vi è un ciborietto inservibile, e dentro il recinto della cappella, due sepolture.

2004 - Santuario di S.AnatoliaNella parete a cornu epistole si vede dipinto un Santo Vescovo, e S. Antonio Abate, sotto le quali figure leggesi: Le redi de Marchittu lasciò ducati dui per lascite de lu patre es.

A cornu Evangelii è rappresentato il Paradiso, il Purgatorio e l'Inferno. Nell'alto è il Paradiso, nel quale vedesi Gesù nostro signore cinto da vergini, angeli, arcangeli alcuni dei quali nuotanti fra le nuvole suonano cetre, timpani. Il Purgatorio è a sinistra. E' diviso come in due piani. Nel più basso vedesi un grande stagno, ove stanno immerse le anime purganti, alcune delle quali co' piedi in sù.

Nel più alto scorgesi come un forte cinto di mura, dalle quali sono accerchiate alcune anime di cui due sono già uscite, e vi sono incamminate verso il Paradiso, avendo a tergo un angelo, che è in atto di pregare con una palma. Mirasi la porta del Purgatorio in mezzo ad un'alta torre, ed innanzi ad essa un sacerdote colle chiavi in atto di aprirla, e presso al sacerdote una turba di fedeli, che genuflessi stanno pregando. A destra è l'Inferno diviso parimente in due piani.

2004 - Santuario di S.AnatoliaNel piano inferiore vedesi il principe de' demoni Satanasso, che a destra, e a sinistra ha i capitani de' peccati capitali. A destra Rubiconte capitano dell'accidia, Farfarelli capitano dell'invidia, Anciacciu capitano della lussuria. A sinistra Boccarotta capitano de' lira, Gammarotta capitano del usuria, Calcabricu capitano della gola. Nella parte inferiore mirasi molti dannati tormentati in varie guise. Sulla porta leggesi: Lassate onne speranza o voi che intrate, e più sotto Ecco il vecchiu Caronte, intu alla riva. Vicino alla porta dell'inferno la barca di Caronte. Fra l'inferno e il Purgatorio l'arcangelo S. Michele, che co' piedi calpesta il drago infernale e colla destra regge una bilancia, in cui pesa le anime. A lui dappresso vedesi una persona sospesa in aria, che afferra l'anima posta nel disco più vicino all'inferno.

L'altare di S. Sebastiano aveva un monte frumentario di circa dieci salme di grano, che trovasi disperso; e possiede alcune rendite particolari. Nella navata a cornu evangelii trovasi un altro altare dedicato alla Madonna Santissima di Loreto. E' senza pietra sagra, e senza ornati e perciò è interdetto. In quest'altare è fondato un beneficio semplice di Jus Patrono della casa Colonna, che presentemente si possiede dal Sig. don Angelo Falcioni. E' stato decretato, che il beneficiante dentro tre mesi lo ristauri, lo provvegga di pietra sagra, e di ornati.

Nell'arco medio tra la navata grande, e la navata a cornu epistole, esiste una cappellina, con 4 colonne di stucco, recinta da un bel cancello di ferro inverniciato, entro la quale esiste un altare dedicato a S. Anatoglia con pittura a fresco rappresentante la Santa. Nella volta della Cappella è dipinto il Redentore, e ha quattro lati, i 4 Evangelisti. Questa pittura è stata di fresco ritoccata, e deturpata. Vicina alla immagine della Santa leggesi in caratteri gotici Anatolia.

Chiesa Santa Maria del Colle

Evvi ancora un'altra chiesa rurale tra Torano e S. Anatoglia, chiamata S. Maria del Colle. E' lunga circa 4 canne, larga 2. Ha un solo altare ed è siffatto. Il tetto e le mura minacciano rovina. L'ingresso è senza porta, il pavimento fracassato, l'altare semi diruto. In questa chiesa suoleva processionalmente portarsi, l'abate di S. Anatoglia col popolo due volte all'anno, cioè nel giorno di Pasqua, e nel giorno della Visitazione della Madonna, e vi cantavano. Anche il popolo di Torano vi accedeva in processione nel lunedì di Pasqua. In questa chiesa trovasi retto un beneficio semplice di Jus patronato della casa Colonna che presentemente si possiede dal Sig. don. Franco Fabrizi di S. Stefano del Corvaro. E' a carico del beneficiato la manutenzione di questa chiesa (Vis. del 1777 pg. 436 a Far.). Perciò è stato ordinato sotto pena della sospensione Ipso facto incurrendo al Sig. don Franco Fabrizi, di riattare dentro il mese di settembre questa chiesa col suo beneficio. Questa violenta misura si è resa indispensabile perchè egli ad onta delle preghiere e delle minacce del Sig. Vicario Generale Pacifici, e ad onta delle promesse, che egli stesso ha più volte fatto, ha sempre temporeggiato, ne mai ha posta la mano all'opera permettendo che la chiesa ogni giorno più deteriorasse. Intanto la chiesa è interdetta.

Grotta di San Leonardo

Nel territorio di S. Anatoglia e precisamente nel monte Fiui, vi è una grotta con un altare diruto, dedicato a San Leonardo. Ha un beneficio semplice padronato della casa Colonna la cui istituzione spettava all'abate di San Paolo di Roma. Il beneficiato aveva l'obbligo di contribuire al predetto abate 11 once di zafferano all'anno. Oggi dì è padronato reggio. Si possiede dal Sig. Canonico don Giuseppe Placidi e le once di zafferano non più si pagano.

Chiesa di San Lorenzo in Cartora

Altra chiesa rurale è quella di San Lorenzo in Cartora. E' patronato della casa Colonna. Ha un beneficio semplice similmente patronato, che rende 4 salme di grano all'anno e gli è annesso il peso di una messa al mese. Ora questo beneficio è presso la commissione diocesana. La chiesa è larga canne 3, lunga 5. Ha un solo altare, ha 2 sepolture. Tutto in cattivo stato.

Chiesa di Sant'Atanasio

Sotto le mura del paese esisteva un'altra chiesa dedicata a S. Atanasio, che da Monsignor Vincenzo Ferretti venne interdetta. Ora è affatto rovinata. Vi era l'obbligo di una messa solenne, e di 3 lette. Quest'obbligo ora appartiene alla compagnia del Sacramento, da cui si fa soddisfare per mezzo dell'abbate e dei Canonici».

 

Carta del Regno di Napoli del 1822 - Particolare della zona nei dintorni di S.Anatolia

2. Seconda visita pastorale del vescovo Ferretti

Il 29 giugno del 1832 il vescovo Ferretti, dopo aver concluso la sua visita a Torano, partì in groppa al suo cavallo alla volta di Sant'Anatolia dove giunse alle ore 13.00 accolto dal popolo e dal clero col suono dei sacri bronzi e collo sparo dei fucili (3). Sant'Anatolia era divenuta in quel tempo uno dei vicariati principali del Cicolano che all'epoca, oltre a S.Anatolia, erano Petrella, Baccareccia e Marmosedio. Nel Vicariato Foraneo di Sant'Anatolia erano comprese le parrocchie dei seguenti villaggi: S. Anatolia, residenza del Vicario Foraneo, Spedino, Corvaro, S. Stefano del Corvaro, Borgo Colle Fegato, Collefegato (che non era una parrocchia), Castel Menardo (che invece aveva due parrocchie), Colle Maggiore, Collorso, Ville Collefegato, Poggio di Valle, Grotte di Torano e Torano. Essa faceva parte del Comune di Borgocollefegato nel Regno di Napoli.

A Sant'Anatolia la casa parrocchiale non era mai esistita, essendo stati i parroci sempre nativi del luogo, e quindi il vescovo prese ristoro e si trattenne nel palazzo dei signori Placidi alla quale famiglia apparteneva il vicario foraneo nonché Abate e parroco del paese don Pietro. Lo stesso giorno celebrò la messa alle Ville di Collefegato dove cresimò 32 fanciulli. In seguito rientrò in paese e, dopo aver visitato le varie chiese, impartì la benedizione colla sacra pisside. In quel tempo la chiesa principale era quella di San Nicola e dentro il suo recinto parrocchiale vi erano altri quattro luoghi di culto e cioè: il Santuario di Sant'Anatolia, la chiesa di S. Maria del Colle, la grotta di S. Leonardo e la chiesa di S. Lorenzo in Cartora.

Nella parrocchia di S. Anatolia, oltre a don Pietro Placidi abate curato di 50 anni, vi erano altri due sacerdoti: don Giuseppe Placidi canonico di 55 anni e don Angelo Falcioni canonico di 56 anni. Tutti e tre i sacerdoti erano nativi del luogo. Il vescovo Ferretti descrisse i tre sacerdoti di Sant'Anatolia:

  • don Pietro Placidi abate curato di S. Anatoglia; è un sacerdote di media scienza, ma attento ai suoi doveri ed, al pari, di una condotta irreprensibile;
  • don Giuseppe Placidi canonico, così detto, di S. Anatoglia; è un sacerdote che fa gli affari di sua casa e poco vale nel ministerio ecclesiastico; frasi ricorse si ebbero contro di esso in materia morale, ma ora sembra cambiato;
  • don Angelo Falcioni canonico, così detto, di S. Anatoglia; è un sacerdote di qualche talento, ma di poco studio; anch'esso è stato accusato in passato in materia morale; ora non si hanno reclami.

3. Visita pastorale del vescovo Filippo Curoli

Il 29 luglio del 1833 il vescovo Ferretti venne trasferito in qualità di arcivescovo nell'Arcidiocesi di Seleucia di Isauria, e lo stesso giorno venne nominato a Rieti, quale suo sostituto, il vescovo Benedetto Cappelletti che rimase in carica solamente nove mesi in quanto morì il 15 maggio del 1834. Il 30 settembre dello stesso anno il papa nominò don Filippo dei conti Curoli che rimase in carica per ben quindici anni, fino alla morte avvenuta il 26 gennaio del 1849 (4).

Il 7 luglio del 1835 intorno alla mezzanotte, allo scampanare dei sacri bronzi e al frastuono di 150 botti di mortali commissionati dal parroco don Pietro, giunse a Sant'Anatolia su un cavallo e con gran seguito il nuovo vescovo di Rieti monsignor Filippo della famiglia dei conti Curoli (5).

Egli prese alloggio nel palazzo della famiglia Placidi ove pernottò anche la notte seguente. La mattina dell'8 luglio celebrò la santa messa nella parrocchia di S. Nicola assistito dal clero di S.Anatolia e dal suo seguito e amministrò il sacramento della Cresima a 15 fanciulli tutti diocesani. In seguito visitò il Santuario di Sant'Anatolia, la sepolcrale, dove, dopo la predica, benedì il popolo del paese.

Si dispiacque il vescovo di una pratica scandalosa che c'era da alcuni anni fra una certa Irene Pozzi, moglie di Marco Fracassi, e il vedovo Nicola Amanzi. Per riparare a questo scandalo il suo segretario, vicario Carlo Pacifici, spedì la seguente lettera di lamentela al sottintendente di Borgocollefegato:

«Al Sott'Intendente, lì 8 luglio 1835. - Signore, è in questo paese una prattica scandalosa ed inveterata tra il vedovo Nicola Amanzi, ed Irene Moglie di Marco Fracassi. Questo infelice invano si è adoperato per richiamare la moglie al suo dovere, e finalmente per quieto vivere, ha dovuto abbandonare la propria casa, e mettersi a servire in qualità di garzone in Castelmenardo. Li due scandalosi protervi hanno amareggiato il cuore di questo mio monsignore vescovo di Rieti, anche perchè li medesimi da cinque anni in qua sono lontani dai sacramenti, ed io ne fò rapporto perciò a lei Illustrissimo Sott'Intendente, perchè si compiaccia di adottare contro di essi le misure le più forti ed energiche in linea di pulizia. - f.to Carlo Pacifici».

La chiesa di Santa Maria del Colle andava sempre più degradandosi e già nel 1828 il vescovo Ferretti, dopo averla interdetta, aveva ordinato all'arciprete don Franco Fabrizi di Santo Stefano del Corvaro, che aveva il dovere della manutenzione, di restaurarla per riadattarla agli scopi ecclesiastici; nel 1835 i restauri ordinati erano stati eseguiti solo parzialmente e per questo motivo il vicario Carlo Pacifici spedì la seguente lettera ingiuntiva a don Franco ordinandogli di completarli:

«Curia Vescovile di Rieti in Regno - Borgo Collefegato, 10 luglio 1835 - S. Anatolia, beneficio di S. Maria del Colle ritenuto da don Franco Fabrizi.- Signor Arciprete, con decreto del 25 agosto 1828 ella fu precettata a restaurare la chiesa di S. Maria del Colle titolare del beneficio, che ella possiede. I restauri è vero che sono stati fatti da lei, ma è vero ancora, che i restauri medesimi non sono finiti, e che manca il paracielo nell'altare, che deve restaurarsi la statua della Madonna SS. ma, e che deve finalmente provvedersi l'altare di sei candelieri almeno, di Croce, di vasetti, di fiori e di tovaglie. Le fu ingiunto di più di restaurare la chiesa di S. Croce, dove ella ha pure un beneficio semplice. Ma anche in questa chiesa manca tuttavia il paracielo sopra l'altare, e lo stesso altare ha bisogno di essere provveduto come quello di S. M. del Colle, di candelieri, Croce, vasetti, fiori e tovaglie. Pel compimento finale di tutti i restauri dell'una, e dell'altra chiesa, e per la provvista di tutti gli oggetti espressi di sopra, io le do tempo sino a maggio venturo, scorso il quale ella verrà immediatamente sospeso se non avrà ubbidito. Carlo Pacifici Vic. St.e. Al Sig.r Arciprete Fabrizi (S.to Stefano)».

Il sacerdote don Franco Fabrizi non si scompose, ma rispose alla lettera nel seguente modo:

«Borgo Collefegato 10 luglio 1835. - Monsignor Vicario Illustrissimo, oggi predetto ho ricevuti i suoi ordini in quanto debbo adempiere per la chiesa di S. Maria del Colle nel distretto di S. Anatoglia, e di S. Croce di Corvaro. Ubbidisco a tutto ciò che mi prescrive, e spero eseguirlo prima del tempo stabilito tanto per i miei doveri, quanto per ubbidire cecamente ai suoi ordini. E nell'atto che le recuso la vocazione della sua stimatissima passo a baciarle le sue mani e sono al Sig. Vicario Illustrissimo di Rieti in Regno. - f.to Franco Arciprete Fabrizi».

Nel 1836 il re Ferdinando II di Borbone per aumentare la dote della parrocchia di San Nicola, che in seguito all'abolizione dei feudi non era più di jus patronato della famiglia Colonna ma di «patronato regio», accorpò ad essa i beni delle chiese ormai dirute del villaggio abbandonato di Cartore, con il seguente diploma (6):

FERDINANDO II

per la grazia di Dio Re del Regno delle Due Sicilie di Gerusalemme Duca di Parma, Piacenza, Castro, ecc. ecc. Gran Principe ereditario di Toscana, ecc. ecc.

Al diletto nostro Parroco della Regia chiesa di S. Niccola in S. Anatoglia, essendoci determinati ad accordare un aumento di congrua a codesta parrocchia di  Nostro Regio Padronato ad oggetto che i parrochi vostri successori possate più agiatamente, e con maggior zelo soddisfare all'obbligazioni della cura delle anime abbiamo pertanto con decreto de' 25 luglio ultimo aggregato a codesta regia parrocchia medesima per sua sopraddotazione,  i vacanti benefizi semplici anche di nostro regio padronato,
e sotto i titoli di S. Lorenzo in Cartoro, e di S. Costanzo, e di S. Niccola nella stessa chiesa.  Quindi vogliamo che tutti gl'ecclesiastici, ai quali spetti, tutti i magistrati, e le altre autorità constituite nei nostri reali dominii riconoscano,  e garantiscano la Regia parrocchia medesima nel possesso degl'indicati beneficii.  Ed affinchè poi rimanga perpetuo documento di questo tratto di nostra munificenza o riguardo di codesta parrocchia medesima, abbiamo ordinato di spedirne il presente diploma da noi sottoscritto, munito del nostro reale suggello, e riconosciuto dal Nostro Ministro Segretario di Stato delle Finanze incaricato del portafoglio degl'affari ecclesiastici.

Napoli, 17 settembre 1836. Ferdinando = Marchese d'Andera = Reg. Pag. 49 n. 40.

4. Seconda visita pastorale del vescovo Curoli

Nel 1839 il vescovo Curoli fece una seconda visita pastorale nella sua diocesi e il 19 luglio proseguendo il viaggio si volse verso Sant'Anatolia dove giunse al tramontar del sole (7). La prima chiesa che visitò fu quella di S. Maria del Colle, situata sulla strada che viene da Torano, per la quale, siccome don Franco Fabrizi non aveva eseguito praticamente quasi nessuno dei lavori prescritti, furono emessi i seguenti decreti: «Che fornisca l'altare dell'occorrente per la celebrazione dei divini misterji, che formasse un armadio, che gli arredi sacri, e per potersi vestire il sacerdote celebrante, e si provvedino i medesimi sacri arredi. Che alla fenestra a cornu epistole si mettesse un'impannata almeno, che si eseguisse tutto ciò entro due mesi, ed il Vicario Foraneo Placidi ne riferisse l'esito». La sera il vescovo, con la sua comitiva, fu accolto in casa dei signori Placidi dove alloggiò e terminata la cena, dopo aver pregato nella cappella privata della famiglia Placidi, andò a dormire.

La mattina del 20 luglio, dopo aver benedetto il popolo di Sant'Anatolia, visitò la chiesa parrocchiale di San Nicola. In seguito per questa chiesa emanò i seguenti decreti: «Si riatti la fronte dell'altare di S. Nicola e del Carmine, si pongano le nuove stampe alle carta-glorie dell'altare di S.Luigi e del Santissimo Rosario, si mettano ai due confessionali i casi riservati in diocesi stampati, e il caso manoscritto contra alienantes non retinentes, etc.».

In seguito il vescovo, avendo parlato con l'abate Placidi e avendo saputo che c'erano dei problemi in parrocchia per la distribuzione delle elemosine dei fedeli e dei pellegrini che, soprattutto durante la festa di S.Anatolia il 9 e 10 luglio, erano considerevoli, emise il seguente decreto:

«Decreto emesso per la regolare distribuzione delle elemosine di messe offerte nella chiesa di S. Anatolia

  1. A cura del rettore della chiesa si aprirà un registro di tutte le elemosine che verranno offerte tanto nella vigilia che cade ai 9 di luglio quanto nella festa della Santa che ricorre nel giorno 10 dello stesso mese.
  2. Si provvederà del pari un libro in cui si noteranno le distribuzioni che si faranno di elemosine ai sacerdoti, coll'indicazione del giorno, mese, e del nome del sacerdote a cui si faranno, e si ritirerà dal medesimo la corrispondente dichiarazione che verrà inserita nel libro.
  3. Tanto il registro quanto il libro suddetti si presenteranno in atto di S. Visita a noi e ai nostri successori per apporvi i convenienti decreti.
  4. In conseguenza sarà ufficio dei sacerdoti confessori di dirigere in quei ed in ogni altro tempo all'ecclesiastico destinato a registrare tutte le elemosine i penitenti, che intendono di darle per le messe, e di consegnare al suddetto quelle che saranno loro offerte dai fedeli che non amassero presentarsi alla sagrestia, sotto pena della sospensione a Divinis da incorrersi ipso facto in caso di contravenzione.
  5. Viene espressamente proibito di distribuire siffatte limosine ai sacerdoti del clero secolare o regolare i quali non appartengano alla nostra diocesi.
  6. Il presente decreto verrà dal rettore communicato all'uopo ad ogni sacerdote, e si terrà affisso alla porta della sagrestia nella chiesa di S. Anatolia, affinchè ogni ecclesiastico ne abbia la piena conoscenza sotto la responsabilità del Rettore suddetto».

Sempre il 20 luglio 1839, dopo pranzo, il vescovo andò a far visita alla famiglia dei baroni Masciarelli a Magliano de' Marsi, con l'obbiettivo di andare poi a vedere il lago Fucino ed in particolare l'emissario eseguito dagli imperatori romani e rispurgato di recente dai re di Napoli. La mattina del 21 luglio il vescovo andò a far visita a questo lago e poi a pranzo andò a mangiare da don Giovanni Battista Masciarelli a Paterno. La sera tornò a dormire a Magliano. Il 22 luglio, dopo aver celebrato la messa nell'oratorio privato dei signori Masciarelli, tornò a Sant'Anatolia dove, dopo aver cresimato tre bambini, si trattenne tutto il resto della giornata ad ascoltare sia i sacerdoti che tutte le persone che volevano parlare con lui, soprattutto per cercare di comprendere lo stato morale della popolazione del villaggio. La notte dormì ancora in casa dei signori Placidi e la mattina del 23 luglio, dopo aver celebrato la messa, si diresse verso Spedino.

In seguito, dopo aver visitato Spedino, e prima di deviare per Corvaro, passò a far visita al villaggio semi abbandonato di Cartore ed in particolare alla chiesa di San Lorenzo e alla chiesa di S. Maria di Brecciasecca e rendicontò nel modo seguente:

«Visita di San Lorenzo in Cartore

Fu visitata la chiesa di San Lorenzo in Cartora la quale trovasi a poca distanza da S. Anatolia da chi parte da questo paese e va al Corvaro per la strada della valle lasciando a manca Spedino. Com'è tradizione in questo luogo era un monastero di monaci: i pochi beni rimasti sono stati riuniti alla chiesa parrocchiale di S. Anatolia. Dicesi inoltre essere qui stata l'antica città di Tora ove conseguì il martirio S. Anatolia. A poca distanza da questa chiesa si osservano alcuni ruderi con un fonte ove i fedeli sono chiamati per devozione onde guarire dai loro malori: essendovi forse anticamente qualche chiesa evvi un benefizio sotto il nome di S. Costanzo, ora riunito alla parrocchia di S.Anatolia.

Decreti. Nella visita della chiesa di San Lorenzo in Cartora si decretò che: "Si ponesse sull'altare un quadro in tela essendo espressamente proibito dai sacri riti di porre alla pubblica venerazione immagini fragili come sono quelle di carta"».

La chiesa ricostruita di San Lorenzo in Cartore

«S. Maria di Brecciasecca

A poca distanza da S. Lorenzo in Cartora vi è l'altra piccola chiesa rurale di S. Maria di Brecciasecca. Per questa si decretò che: "Si facesse la chiave alla porta". Essendosi asserito non essersi mai detto messa in tale chiesa, non essendovi altare con pietra consacrata, ma una semplice mensa non si è dettagliato il bisogno che avrebbe al fine di potervi celebrare i sacri misterj».

5. La chiesa della Madonna Addolorata

1990 - Madonna Addolorata in S.AnatoliaNel 1968 Vincenzo Saletta scriveva: «il piccolo colle, denominato Noce di Cristo, su cui sorge l'abitato di S. Anatolia con la chiesa parrocchiale, dove si custodisce una statua di S.Anatolia e presso la quale occhieggiano i ruderi della distrutta chiesa dell'Addolorata (3) ... - nota (3): Su questa chiesa, un tempo forse utilizzata come cimitero per i membri di qualche confraternita religiosa o quando la popolazione era tutta compresa entro le mura e di cui restano quattro sepolcreti a ridosso delle mura perimetrali, ci sarebbe da spendere più di una semplice nota. L'esame del portale superstite ci dice che essa venne eretta l'anno 1507» (8).

Nel 1982 Andrea R. Staffa scriveva: «Da S. Martino di Torano, situata fuori del borgo medievale, dipendevano nel 1398 le chiese di S. Maria di Torano, oggi Madonna Addolorata, antichissima in quanto attestata in un documento dell'VIII secolo, controllata dall'abbazia di Farfa almeno sino all'XI secolo (Regesto Farfense doc.1303), e risalente nel suo attuale impianto al XIV secolo» (9).

Ancora nel 1987 sempre Andrea R. Staffa scriveva: n.112: Chiesa di S. Maria de Torano, menzionata in una memoria dell'XI secolo di fatti riferiti all'VIII, oggi detta Madonna Addolorata, è completamente in rovina, e presenta una facciata a coronamento rettilineo riferibile al XIV secolo ed un portale databile agli inizi del Cinquecento. E' anch'essa ormai del tutto isolata nella campagna, mentre in passato (ben prima del XVI secolo) doveva essere collegata ad un insediamento aperto poi abbandonato (10).

1990 - Madonna Addolorata in S.AnatoliaChi conosce il villaggio di Sant'Anatolia non può non aver notato questa chiesetta e non può non esserne rimasto affascinato dato che essa si trova completamente isolata e sulla cima di una collina. La chiesa fino alla fine del 2009 era un rudere senza pavimento, senza finestre e senza tetto. A prima vista, come asserì il Saletta, essa sembrava risalire almeno ai primi del '500, ma in seguito, sulla base di documenti farfensi, l'archeologo Andrea Staffa ne determinò l'origine al VII secolo d.C. e, in base ad indagini eseguite sul luogo, collocò la struttura attuale al secolo XIV. In effetti in alcuni documenti dei secoli VII e XI si accenna ad una chiesa di nome S. Maria de Turano controllata dall'abbazia farfense e ancora, nel 1252, vengono nominate altre chiese intitolate a S. Maria situate nella nostra zona. Nei documenti degli anni successivi la chiesa non venne più nominata e questa fu una buona ragione per credere che essa avesse perso di importanza e che fosse ridotta a rudere.

Il Saletta non era un archivista ed infatti, leggendo attentamente il suo libro, si intuisce che attinse le informazioni esclusivamente da ricerche bibliografiche. Staffa invece è un archivista e un archeologo e ciò si desume con evidenza dai suoi scritti. E' naturale per uno storico che cerchi informazioni in un archivio, frugare inizialmente nei manoscritti più antichi. Ma quando un archivio di questi manoscritti ne contiene a migliaia è facile che ne rimanga invischiato e che si ritrovi a tralasciare la documentazione più moderna.

L'archivio della diocesi di Rieti contiene centinaia di documenti in cui viene menzionato il villaggio e la chiesa di Sant'Anatolia. Dal 1560 ca. vi sono le visite pastorali che consistono in un centinaio di fascicoli divisi per anno, ognuno dei quali contiene decine di pagine su S.Anatolia e paesi adiacenti. Quando mi ritrovai a consultare l'archivio, non essendo io un latinista, fui costretto ad iniziare le mie ricerche all'inverso, consultando prima i documenti più moderni, scritti in italiano ed in una calligrafia più comprensibile, per proseguire poi con i documenti più antichi e più difficili da tradurre.

Ed ecco la sorpresa: il 19 luglio del 1839 monsignor Filippo de' conti Curoli nella visita effettuata nella diocesi di Rieti, relazionando sul villaggio di S.Anatolia, non fa alcuna menzione della chiesa della Madonna Addolorata (11).

Veduta del lato destroIl 21 maggio del 1851 monsignor Gaetano Carletti, vescovo di Rieti, in visita al nostro villaggio, scriveva: «Chiesa dell'Addolorata. A devozione del popolo, su di un colle di fronte al paese, per una grazia di Maria Vergine, si diè principio vari anni dietro ad una chiesa. Mancarono i mezzi nel meglio, e tuttora resta incompleta. Si invitò il popolo al proseguimento, e soprattutto ad assegnare una dote al mantenimento, onde non vederla rovinare nel nascere» (12).

Dopo 23 anni, il 16 giugno del 1874, il vescovo Egidio Mauri scriveva: «Chiesa dell'Addolorata. Si trovò tuttora incompleta la fabbrica di essa. Non se ne può sperare la continuazione. Si vuole rendere sepolcrale invece del Santuario. Non vi si è mai funzionato nè celebrato» (13).

Il 22 agosto 1897 monsignor Bonaventura Quintarelli ripeteva: «Chiesa della SS. Addolorata. Trovasi a sud-ovest del paese alla distanza di 7 od 8 cento metri. Fu fabbricata da circa 60 anni; e fino a pochi anni or sono, ossia fino a che fu costruito il camposanto fu la sepolcrale della parrocchia. Non ha, ne ebbe mai altro che mura e tetto. Sta in cattivo stato, massime nel tetto: può ritenersi che tra non molti anni andrà in rovina; non se ne ebbe cura per lo passato, e così sarà per l'avvenire, atteso che il popolo è tutto impegnato nel compiere, ornare, e provvedere la chiesa di S. Anatolia» (14).

La chiesa della Madonna Addolorata, in latino «Ecclesiae Beatae Mariae Virginis Dolorosae», senza il tetto, il pavimento e le finestre, ha sempre avuto l'aspetto di un rudere antichissimo e questo ha ingannato sia storici che archeologi.

La popolazione di Sant'Anatolia nelle sue tradizioni non ricorda il periodo della sua costruzione ed in genere la chiesa, probabilmente per influenza del libro del Saletta, viene ricordata dagli abitanti come antichissima. Fu invece fra il 1840 ed il 1850 che, per una grazia di Maria Vergine avvenuta su quella collina adiacente al paese, il popolo di Sant'Anatolia decise di costruire questa chiesa.

Dapprima furono scavate le fondamenta e creata la cripta sotterranea con le pile mortuarie, poi fu tirato il piano al di sopra e furono alzate le mura. Infine fu costruito il tetto e ci si riprometteva di mettere al più presto le finestre e di costruire l'altare. Per quanto riguarda il portale esso probabilmente fu decorato con materiali di riutilizzo tratti dalle rovine della chiesetta di S. Maria del Colle ed infatti alcuni caratteri impressi sulla pietra orizzontale del portale sembrano richiamare la data 1518.

Dapprima furono scavate le fondamenta e creata la cripta sotterranea con le pile mortuarie, poi fu tirato il piano al di sopra e furono alzate le mura. Infine fu costruito il tetto e ci si riprometteva di mettere al più presto le finestre e di costruire l'altare. Per quanto riguarda il portale esso probabilmente fu decorato con materiali di riutilizzo tratti dalle rovine della chiesetta di S. Maria del Colle ed infatti alcuni caratteri impressi sulla pietra orizzontale del portale sembrano richiamare la data 1518.

Epigrafe sul portale

Pietra orizzontale del portale
E' plausibile che nei 4 segni posti sulla sinistra e sulla destra si possa riconoscere la data del 1518

Intorno al 1860 vennero iniziati i lavori per la ricostruzione e l'ampliamento del Santuario di S. Anatolia. La popolazione, non avendo a disposizione energia sufficiente alla costruzione di due chiese, preferì tralasciare la Madonna Addolorata e finanziare i lavori per il Santuario e fu per questo motivo che la chiesa della Madonna Addolorata venne lasciata incompleta. Per circa un decennio, dal 20 maggio 1877 al 12 gennaio 1888, essa divenne sepolcrale ma in seguito, dal 15 febbraio 1888, cioè da quando venne finito di costruire il cimitero di S.Maria nella valle verso Torano, venne definitivamente abbandonata. Crollò il tetto, la chiesa si riempì vegetazione e prese lentamente l'aspetto di rudere dall'apparenza antichissimo. Sul finire del 2009, la chiesa è stata finalmente restaurata e, grazie all'intervento del patrimonio Pubblico, ha finalmente il tetto, la porta e le finestre.

La chiesa dopo il restauro

La chiesa dopo il restauro - Fotografia del 29.11.2009

6. Visita pastorale del vescovo Gaetano Carletti

Il 26 gennaio del 1849 morì il vescovo di Rieti monsignor Filippo Curoli e la sede vescovile rimase vacante per 8 mesi. Il 28 settembre dello stesso anno venne nominato il nuovo vescovo don Gaetano Carletti che rimase in carica per quasi venti anni. Egli dovette assistere, da spettatore impotente, alla conquista ed al saccheggio del florido e pacifico Regno delle Due Sicilie. L'infame regno piemontese-savoiardo, appoggiato dalle forze oscure della massoneria europea e dei regni di Inghilterra e Francia, perpetrarono nel Regno delle Due Sicilie uno dei più grandi genocidi della storia. Per sua fortuna il vescovo, non visse fino all'annessione dello Stato Pontificio, in quanto morì tre anni prima il 26 luglio del 1867.

Nel 1848 morì il parroco di Sant'Anatolia don Pietro Placidi e il suo posto venne ricoperto provvisoriamente dall'economo curato don Francesco Giorgi, che essendo stato posto in aiuto di don Pietro da monsignore don Filippo Curoli, fu poi dal medesimo confermato dopo la morte di detto Placidi.

Il 21 maggio del 1851, due anni dopo il suo insediamento, il vescovo venne a far visita al nostro territorio e dopo aver «disbrigato tutti gli affari a Torano, preso frugale ristoro in casa del vice abate don Matteo Latini», montò a cavallo, «colla sua comitiva, e con più sacerdoti di accompagno», alla volta di Sant'Anatolia (15).

Nella pianura tra Torano e S. Anatolia c'era la chiesa di S. Maria del Colle e il convisitatore Jacoboni entrò per farvi il sopralluogo. La chiesa aveva un solo altare e, ad eccezione del materiale dello stesso e delle mura ben forti, aveva un gran bisogno di essere restaurata soprattutto nel tetto che minacciava rovina. La chiesa aveva un beneficio semplice, di jus patronato dei principi Colonna, che era vacante a causa della morte del sacerdote don Franco Fabrizi, e che era amministrato dalla Diocesana. Il mantenimento della chiesa era a carico del beneficiario, per cui il vescovo «scrisse al preside della diocesana, onde pensasse seriamente e prontamente al restauro per ora del tetto, ammettendo dilazione il resto».

Il vescovo volle visitare personalmente la chiesa di S. Anatolia, «di natura filiale, di gran devozione del popolo e de' paesi circonvicini, che frequentemente vi accedono». La chiesa era «consagrata, antichissima, e la tradizione ricorda esservi stato una volta un monastero di benedettini». Gli altari erano disposti disordinatamente e le memorie scritte sulle mura «di pura devozione», che furono citate nel 1828 dal vescovo Ferretti, non si leggevano più essendo state imbiancate e ricoperte. Il Monte di Pietà legato all'altare della Pietà era ormai dissipato. Esso possedeva alcuni fondi amministrati dall'abbate pro-tempore. «Vi era l'obbligo celebrarvi ogni Mercoldì pel fu Fabio Di Domenico. Si celebrano dall'abate per due porzioni, per la terza dai canonici. Sono ridotte ad decennium a 14 per l'abate, ad otto per ciascuno dei canonici». Nell'altare della Madonna di Loreto vi era un beneficio, di jus patronato della famiglia Colonna, gestito dal canonico don Angelo Falcioni, il quale documentò di aver adempiuto all'obbligo di celebrarvi dieci messe all'anno. La chiesa era gestita dall'abate ed era custodita da un «eremita». il vescovo «si compiacque della decenza e della devozione».

Giunto nella «terra di S. Anatolia», il vescovo smontò davanti alla chiesa parrocchiale, e dopo una orazione davanti al Santissimo Sacramento, visitò la sagrestia, gli altari, il materiale della chiesa trovandola «di bella forma», e poi si diresse verso la casa del canonico don Giuseppe Placidi «ove gentilmente era stato invitato con tutti i suoi, per alloggiare».

Il 22 maggio il vescovo si alzò di buon mattino per proseguire la visita pastorale. La parrocchia di S. Nicola era di jus patronato del principe Colonna e il parroco, che aveva il titolo di abate, aveva in cura circa 400 anime. Non aveva sepolcri i quali erano nel Santuario di S. Anatolia e, oltre all'altare maggiore, aveva cinque altari che il vescovo non descrisse in quanto si rifece alla fedele descrizione fatta nella visita Ferretti del 1828. L'altare maggiore, dove si conservava il santissimo sacramento, possedeva alcuni beni, con le cui rendite si manteneva la lampada, si provvedeva alla cera per le varie funzioni e venivano soddisfatte le messe. Anche l'altare della Madonna del Rosario possedeva vari fondi con le cui rendite venivano soddisfatti i vari pesi annessi. L'altare della Vergine del Carmine, eretto nel 1696, di jus patronato della famiglia Placidi, possedeva dei beni con il quali si doveva soddisfare l'obbligo di tre messe al mese e tre all'anno. Era beneficiario don Giuseppe Placidi che ne documentò l'adempimento. Il benefizio semplice nell'altare del Rosario, fondato l'anno 1620 da Liberato De Angelis, esecutore testamentario di Teobaldo Rocchi di Magliano, per gli atti di Giuseppe Rocchi di Magliano, nel 1828 risultava essere posseduto da don Angelo Falcioni, ma risaputosi dallo stesso che non lo possedeva, il vescovo ne diede notizia alla diocesana. Il beneficio di jus patronato della famiglia Spera nell'altare di S. Giovanni Battista, fondato nel 1606, aveva il peso di una messa al mese e fino a tre anni prima era posseduto dal defunto abate don Pietro Placidi.

La parrocchia veniva considerata come collegiata, cioè con uno statuto detto «capitolo» che prevedeva un collegio di sacerdoti composto da un abate e tre canonici che, per antica consuetudine, dovevano assistere alle messe solenni, ai vespri, alle processioni, alle altre funzioni, associando anche i cadaveri. I canonici partecipavano con l'abate alla ripartizione delle decime e agli emolumenti per i funerali. Il vescovo trovò che uno dei tre canonicati era vacante e che era amministrato dalla diocesana.

Oltre alla prebenda abbaziale, ai tre canonicati e ai patronati, vi erano altri benefici, consistenti soprattutto in terreni, donati a chiese e altari che fino a qualche secolo prima erano attivi. Soprattutto a Cartore, dopo che le grandi epidemie uccisero o spinsero gli abitanti ad abbandonare il villaggio, le antiche chiese e monasteri rimasero abbandonati, e nel tempo i loro possedimenti vennero accorpati alle chiese o agli altari di Sant'Anatolia.

  • Nella grotta di S. Leonardo, che un tempo era un monastero, era sopravvissuto un antico altare che possedeva un beneficio semplice, la cui rendita un tempo andava a favore dei monaci di S. Paolo di Roma. Il vescovo verificò che era già stato unito ad uno dei canonicati della parrocchia, quello di cui era rettore don Giuseppe Placidi. Il beneficio aveva il peso di venti messe annue.
  • Nella chiesa rurale di S. Lorenzo, un tempo parrocchia principale di Cartore, vi era un beneficio con il peso di una messa al mese, la cui rendita veniva amministrata dalla diocesana. La chiesa venne visitata dal vescovo, o da uno dei suoi convisitatori, e fu trovata  nuda con il semplice altare dove si tenevano i sacri arredi. Venne trovata adatta a svolgere i divini uffici.
  • La chiesa di S. Costanzo era ormai un rudere completamente ricoperto dal bosco. I suoi possedimenti erano gestiti dalla diocesana, con l'onere di quindici messe all'anno.
  • Il vescovo decise che tutti i beni di San Leonardo, San Lorenzo e San Costanzo venissero riuniti ai beni parrocchiali, per semplificarne la gestione.
  • In passato esisteva anche la chiesa di San Nicola in Cartore, ma i suoi beni erano già stati uniti a quelli della parrocchia.
  • La chiesa di S. Atanasio, con l'ospedale annesso, era ormai ridotta ad un rudere e l'obbligo di una messa solenne e di tre messe lette venivano adempite dalla Compagnia del Sacramento.

Nel frattempo i Placidi erano divenuti i possidenti più facoltosi del paese. Ciò sembra che sia avvenuto sia per le grandi opportunità derivate dall'abolizione dei feudi e soppressione degli ordini religiosi, avvenuta con Napoleone, sia perché  uno di loro, Nicodemo Placidi, sposò una ricca possidente di Luco dei Marsi e divenne sindaco di quel paese. In seguito, interessi diversi o attaccamento alla terra, fecero tornare i figli a Sant'Anatolia che, grazie alle rendite acquisite, comprarono molti appartamenti confinanti l'uno all'altro nella zona del terrone, per un totale di circa sessanta stanze e crearono quello che diventerà il «palazzo» dei Placidi. Avendo spesso in famiglia vari sacerdoti e parroci, e volendo mantenere una certa distanza e superiorità con il resto della popolazione, ottennero l'autorizzazione pontificia, per adibire uno dei tanti vani a oratorio privato. Il vescovo lo visitò e lo trovò «decentissimo» e ben fornito dei sacri arredi.

Nel frattempo i Placidi erano divenuti i possidenti più facoltosi del paese. Ciò sembra che sia avvenuto sia per le grandi opportunità derivate dall'abolizione dei feudi e soppressione degli ordini religiosi, avvenuta con Napoleone, sia perché uno di loro, Nicodemo Placidi, sposò una ricca possidente di Luco dei Marsi e divenne sindaco di quel paese. In seguito, interessi diversi o attaccamento alla terra, fecero tornare i figli a Sant'Anatolia che, grazie alle rendite acquisite, comprarono molti appartamenti confinanti l'uno all'altro nella zona del terrone, per un totale di circa sessanta stanze e crearono quello che diventerà il «palazzo» dei Placidi. Avendo spesso in famiglia vari sacerdoti e parroci, e volendo mantenere una certa distanza e superiorità con il resto della popolazione, ottennero l'autorizzazione pontificia, per adibire uno dei tanti vani a oratorio privato. Il vescovo lo visitò e lo trovò «decentissimo» e ben fornito dei sacri arredi.

Come già detto nel capitolo precedente, tra il 1840 e il 1850 accadde a Sant'Anatolia un evento miracoloso di cui non conosciamo i particolari, che venne ritenuto una grazia della madonna. Il popolo,  spinto dal fervore religioso, decise di costruire sul luogo dell'accadimento una chiesa in onore della Vergine. Venne effettuato uno scavo per porre le fondamenta e per creare una cripta dove seppellire i morti. Al di sopra della cripta furono costruite le mura e il tetto. Poi, per mancanza di fondi, i lavori vennero sospesi e l'opera rimase incompleta. La chiesa venne intitolata ufficialmente alla «Beata Maria Vergine Dolorosa», ma il popolo la chiamò semplicemente «Madonna Addolorata». Il vescovo esortò i residenti a donare qualche bene per il mantenimento della chiesa «onde non vederla rovinare nel nascere».

Il vescovo fece l'elenco dei «legati pii» della parrocchia, che consistevano nelle richieste di messe, solitamente «pro redentione anima mea», che i donatori, nei loro testamenti, avevano richiesto in cambio delle terre. Essi erano i seguenti:

  • Nella chiesa parrocchiale:
    • A carico della Compagnia del Santissimo Sacramento:
      • Quattro messe annue per il sig. Antonio Placidi.
      • Una messa annua per il sig. Francesco Gentile.
      • Quattro messe annue per la sig. Antonia Amanzi.
      • Una messa solenne e tre messe lette all'anno, da soddisfarsi nella chiesa diruta di S.Atanasio.
    • A carico della Compagnia del Rosario:
      • Due messe annue per il sig. Carlo Amanzi.
    • A carico del beneficio patronato del Carmine:
      • Due messe al mese, più tre nell'anno.
    • Una messa al mese a carico del beneficio patronato Spera.
    • Dodici messe annue per il canonicato riunito alla parrocchia, che godeva il defunto canonico Amanzi.
    • Quindici messe per il beneficio di S. Costanzo riunito come sopra.
    • Dodici messe per il beneficio di S. Lorenzo riunito come sopra.
    • Dodici messe per il canonicato Falcioni.
    • Dodici messe per il canonicato Placidi d. Giuseppe.
    • Venti messe per il beneficio di S. Leonardo patronato già Colonna.
  • Nella chiesa del Santuario di S. Anatolia:
    • Nella cappella della Pietà una messa ogni mercoledì. Ridotte ad decennium a numero trenta.
    • Dieci messe annue all'Altare di S. Maria di Loreto per il beneficio ivi eretto.
  • Nella chiesa di S. Maria del Colle, rurale: due messe annue a carico del beneficio.

Gli ecclesiastici erano i seguenti:

  • don Francesco De Giorgio, abate economo da più anni proveniente dalla diocesi dei Marsi, di anni 45.
  • don Giuseppe Placidi, di anni 83, canonico semplice.
  • don Angelo Falcioni, di anni 80, canonico come sopra.
  • due chierici Scafati e Panei, che dimoravano nel seminario.

Sempre in mattinata il vescovo visitò la chiesa parrocchiale e amministrò la cresima a vari ragazzi. Poi visitò il tabernacolo, il materiale della chiesa e i vari registri e infine, non essendoci una casa parrocchiale, si ritirò nella casa in cui era stato ospitato per scrivere i decreti e il resoconto della visita. Contestualmente il convisitatore esaminò i libri parrocchiali, i registri dei legati pii e dell'amministrazione e ordinò un nuovo metodo per soddisfare i legati e un nuovo libro per un'amministrazione più precisa.

Lo stesso giorno il vescovo venne a conoscenza della situazione di due giovani, Giuseppe Rubeis e Domenica Peduzzi, che volevano sposarsi ma che avevano un impedimento derivato dal loro  legame di parentela. La ragazza era incinta in quanto dopo otto mesi avrà un bambino di nome Nicola, ma questo non sappiamo se fu detto al vescovo. Questi chiamò due testimoni che potessero esporre meglio la situazione. Uno fu Giovanni Rubeis, zio di Giuseppe e l'altro Angelo Di Cristofano marito di una cugina di Giuseppe, che testimoniarono nel modo seguente:

S. Anatolia
Fedi di stato libero e verifica dell'impedimento che si passa tra:
Giuseppe Rubeis figlio di Pietro e Domenica Peduzzi fu Niccola.

Comparve testimonio Giovanni Rubeis fu Ubaldo di S. Anatolia il quale depose conoscere i predetti Giuseppe e Domenica, di conoscere la forza del giuramento fatto il quale vincolo intendeva essere esaminato. Depose che detto Giuseppe è parente in terzo, in quarto grado consanguinità, che visse sempre in libero stato dalla nascita fino al presente, che visse trattando con familiarità Domenica Peduzzi, che il luogo, ossia paese cioè S. Anatolia è tale da verificarsi la ristrettezza locale, che la donna è oltre gli anni venticinque, che ambedue nulla posseggono. - Comparve Angelo Di Cristoforo figlio del fu Alessandro, il quale interrogato come sopra in tutti gli articoli nominati, depose e ratificò quanto depose, e rettificò l'altro testimonio Giovanni Rubeis. S. Anatolia in atto di S. Visita il 22 maggio 1851.

Non sappiamo esattamente quale fu la risposta del vescovo, ma sappiamo con certezza che i due ragazzi dopo poco più di un mese il 30 giugno del 1851 erano sposati. Avranno cinque figli: Nicola (1852), Marcellina (1856), Annunziata (1859-1859), Francesco (1863) e Luigi (1867-1904).

Prima di lasciare il paese il vescovo chiamò il parroco e gli consegnò un questionario da compilare e poi, dopo pranzo, si diresse verso Spedino.

7. Risposte del parroco al questionario del vescovo Carletti del 1851

Articoli generali.

Anticamente la chiesa parrocchiale era quella di S. Anatolia, ma ora è S. Nicola. La chiesa di S. Anatolia è consacrata e non si sa ne l'epoca ne il vescovo. Solo si celebra l'anniversario il dì 28 aprile per tradizione. Quella di S. Nicola non è consacrata. La chiesa di S. Anatolia è anteriore al paese e non si sa da chi fu eretta. Quella di S. Nicola è stata eretta dai cittadini, ed ora è di Regio patronato. Il fine della sua erezione rimonta ad un secolo, sebbene esisteva una piccola chiesa. La chiesa di S. Anatolia è in uno stato mediocre, e si dovrebbe restaurare.

Vi sono otto altari, cioè:

  • L'altare Maggiore
  • L'Addolorata
  • Il Santissimo Rosario
  • S. Giovanni
  • La Natività di Maria Santissima
  • S. Luigi
  • Santissima Concezione
  • Il Suffragio

L'altare di S. Giovanni è di jus patronato della famiglia Spera, e l'altare della Concezione è della famiglia Placidi. Il solo altare del Suffragio è privilegiato, come dalla iscrizione sopra il medesimo, ma non esiste breve alcuno. Gli altari propriamente non hanno dote alcuna e si mantengono col sopravanzo dei Luoghi Pii, se vi è. Il tabernacolo è di legno. L'olio si prende con la vendita di esso. Nella chiesa di S. Nicola non vi sono sepolcri e i defunti si seppelliscono nella chiesa di S. Anatolia dove ci sono sei sepolcri, e distano dagli altari quattro palmi circa i più vicini, e gli altri distano di più. Sono tutti comuni. Vi sono sepolcri per i due sessi e per i fanciulli ma non per gli ecclesiastici.

C'è battistero, l'organo e il campanile con due campane. Non ci sono corpi de' Santi, ma alcune reliquie e sono le seguenti: S. Nicolò, S.Anatolia, S. Dodici Apostoli, Velo di Maria Santissima e S. Luigi Gonzaga. Gli arredi sacri, di mediocre qualità, sono: due calici di rame, uno argentato ed uno indorato, due pissidi di rame dorato, un ostensorio d'argento, fatto nello scorso anno, sei pianete, ventisei tovaglie, un piviale, un parato e un incensiere d'argento. Non vi sono ne confraternite ne congregazioni.

Vi sono i benefici semplici e sono:

  • S. Leonardo, in possesso di don Giuseppe Placidi
  • S. Giovanni
  • S. Maria del Colle, vacante e sotto la diocesana
  • Maria Santissima di Loreto, in possesso di don Angelo Falcioni
  • Cappella del Carmine, in possesso di don Giuseppe Placidi

Vi sono pure dei legati pii e sono:

  • Trenta messe l'anno alla Santissima Pietà nella chiesa di S. Anatolia
  • Varie messe nella dedica della chiesa di S. Anatolia, nel dì due maggio, nel dì del Corpo Domini e S. Sebastiano.

La sagrestia è in uno stato mediocre, e si dovrebbe meglio accomodare. Non vi è archivio, non vi è cimitero, non vi sono indulgenze.

Oltre le feste tutte del Signore, che si fanno a spese della chiesa stessa, si fanno le feste di S. Luigi, di S. Anatolia e di S. Nicola e tutte per mezzo dell'elargizione dei fedeli. La chiesa propriamente non ha rendita, ma ad essa sono state aggregate le rendite del Santissimo Sacramento, della Santissima Pietà, di S. Sebastiano, del Santissimo Rosario e di S. Anatolia. Con la rendita di questi Luoghi Pii viene mantenuta la chiesa. I suddetti Luoghi Pii sono amministrati da Giovanni Federici, e la sua rendita egli la farà conoscere nei conti che comunicherà direttamente al vescovo. La rendita consiste in fondi rustici e non ci sono ne censi o altri diritti.

La chiesa ha un debito di ducati 113 con il campanaro per la campana da lui fusa nel 1849. Non vi sono rendite destinate per la fabbrica ed il peso del mantenimento incombe alla Reale Corona. Non vi è nessuno inventario ne vi sono carte di fondazione ne istrumenti.

Articoli dei parroci.

  • Il Santo titolare è S. Nicola di Bari, ed il paese intero è soggetto alla stessa parrocchia.
  • Vi è la compagnia del Santissimo sacramento.
  • Vi è il fonte battesimale, ma non si conosce l'epoca.
  • La Badia è vacante, ed agisce in qualità d'economo curato don Francesco Giorgi, che essendo stato posto in aiuto dell'ultimo possessore don Pietro Placidi da monsignore don Filippo Curoli, fu poi dal medesimo confermato dopo la morte di detto Placidi.
  • La congrua che ha non è sufficiente.
  • Non vi è casa parrocchiale.
  • La suddetta Badia ha due canonici coadiutori, cioè don Giuseppe Placidi e don Angelo Falcioni.
  • Non vi sono altri sacerdoti.
  • Non vi è maestro di scuola pubblica.
  • Nella chiesa di S. Anatolia vi è l'eremita, chiamato Giovanni D'Alfonso della diocesi di Sora di anni 70 e di moderati costumi.
  • Tre chiese si trovano nel recinto del parrocchia cioè S. Anatolia, S. Maria del Colle, e S. Lorenzo in Cartora. Altro non vi è.
  • La parrocchia è composta d'anime 575 circa.
  • Non vi sono scomunicati ne interdetti sospetti d'eresia, ne concubinari, ne usurai, sebbene si sente risonare qualche bestemmia semplice. Non vi sono persone ascritte a sette, non vi sono libri proibiti.
  • Vi sono quelli che non hanno adempito al precetto pasquale e sono Angelo Nicola Amanzi per anni 5.
  • Una sola è l'ostetrica cioè Domenica Pozzi, ed è di buona condotta, ed è stata più volte istruita sulla forma del battesimo.
  • Le feste non si osservano se non da pochi. Non vi sono altri abusi che l'ubriachezza, ed il vedere sempre aperti i luoghi pubblici.
  • Il parroco suole predicare in tutti i dì festivi, eccettuati qualcuno in tempo di mietitura.
  • Non vi è stato mai predicatore.
  • La dottrina Cristiana s'insegna in tutti i dì festivi ed ogni giorno di Quaresima.
  • Nei dì festivi poco vi è concorso. Nella Quaresima assai.
  • Istruiti i fanciulli nelle cose necessarie si fanno fare ai medesimi gli atti pratici, come deve far l'esame, come il dolore, come il proposito, come l'accusa, e come la penitenza al confessore. Per quelli poi che si ammettono alla prima Comunione dopo averli istruiti delle cose necessarie si portano in luogo separato dove dal parroco si fà un discorso facendogli conoscere = il nostro niente = l'amore che cosa ci ha portato = chi sà quello che si riceve = e cose simili.
  • Si fanno dall'economo curato.
  • La tassa de' funerali è di paoli sei con officio, e messa cantata. Vi erano alcuni abusi, ma si sono quasi eliminati.
  • Tutti i sacramenti vengono amministrati secondo il rituale romano. In occasione di matrimoni vi è il solo abuso che benedicendosi le nozze i sposi si comunicano prima della messa e non già nella messa stessa.
  • Gli sposi sono esaminati sopra i misteri della fede e dottrina cristiana.
  • Le congregazioni sono state del tutto abbandonate.

8. Visita pastorale del vescovo Egidio Mauri

Nel 1856 il parroco di Sant'Anatolia don Francesco Giorgi, di Sante Marie diocesi dei Marsi, divenne parroco in Oricola e al suo posto venne nominato don Costantino Placidi (1817-1888) figlio di Nicodemo e Maria Giovanna Organtini. Don Costantino governò la parrocchia per diciotto anni, nel periodo in cui avvenne la violenta annessione del Regno delle Due Sicilie e dello Stato Pontificio al nascente regno d'italia. Egli poté assistere da protagonista al periodo del brigantaggio trovandosi spesso, nel bene o nel male, a contatto con i cosiddetti «briganti». Nel gennaio del 1874, per motivi di cui non siamo a conoscenza, si dimise spontaneamente lasciando la carica di abate parroco a don Giovanni Battista Panei, nato a S. Anatolia nel 1837, figlio di Alessandro (1808-1863) e Anastasia Cavallari (1805-1844). Oltre a don Giovanni Battista e a don Costantino vi era un terzo sacerdote, don Angelo Scafati di Sant'Anatolia, che era canonico coadiutore del parroco. Questi dal 1858 ricopriva anche l'importante carica di vicario foraneo di Borgocollefegato.

Il 26 luglio del 1867 morì il vescovo di Rieti monsignor Gaetano Carletti e la sede vescovile rimase vacante per più di quattro anni. La vacanza avvenne negli anni successivi alla conquista del Regno delle Due Sicilie e durante l'annessione dello Stato Pontificio, avvenuta nel 1870. Il 22 dicembre del 1871 venne nominato il nuovo vescovo don Egidio Mauri (Montefiascone, 9 dicembre 1828 – Ferrara, 13 marzo 1896) che rimase in carica per diciassette anni.

Martedì 16 giugno del 1874, tre anni dopo il suo insediamento, il vescovo venne a far visita al nostro territorio e dopo aver «disbrigati tutti gli affari di Sacra Visita nel villaggio di Torano, fatto l'ascolto all'abbate ed al coadiutore, accolti molti sacerdoti accorsi dai vicini paesi, Monsignor Vescovo alle 9 e 1/4 di sera partiva co' suoi per S. Anatolia e vi giungeva alle 9 e 3/4. Scendeva di cavallo in casa dei Placidi, dove prese alloggio fino alla mattina del 18 giugno» (16).

Dalla casa dei Placidi il vescovo si diresse verso la chiesa parrocchiale di San Nicola. Fece il piccolo tragitto, camminando sotto un baldacchino, sorretto dai membri della Confraternita del Santissimo Sacramento, e preceduto dalla processione delle «Figlie di Maria» al canto del «Salmo Benedicty». All'ingresso della chiesa fu ricevuto dall'abate dimissionario don Costantino Placidi e da una turba di fedeli accorsi nella chiesa. Il vescovo predicò la messa e benedì il popolo con la sacra pisside. Era la settimana della festa di San Luigi e Sant'Antonio e il vescovo poté assistere alla benedizione della novena di S. Luigi. In seguito, essendosi fatto tardi, rimise al giorno seguente il resto della Sacra Visita e, preceduto come prima da tutta la schiera delle Figlie di Maria, cantando inni in lode della Vergine, si ritirò nella casa dei signori Placidi.

Il mercoledì del 17 giugno di mattina, celebrata messa nell'oratorio privato dei Placidi, il vescovo si recò di nuovo in chiesa parrocchiale per continuarvi la visita. La chiesa era di elegante struttura ma bisognevole di urgenti restauri che la liberassero dall'umidità che la metteva in pericolo. Anche il materiale in essa aveva bisogno di essere ripulito. Il vescovo si raccomandò vivamente per un sollecito restauro e si appellò alla popolazione nel modo seguente:

«Avendo noi visitata la chiesa parrocchiale di S. Niccola nella terra di S. Anatolia abbiamo riconosciuto in tutto il suo materiale, il bisogno di un urgente e generale restauro. Quindi è che innanzi tutto vi raccomandiamo vivamente alla tanto devota popolazione del villaggio, perché colle sue caritatevoli largizioni voglia concorrere al desiderato restauro che vogliamo sperare si farà quanto prima, per non vedere più a lungo in cattivo stato una chiesa per altro di bella ed elegante forma e struttura. Pertanto abbiamo decretato: che tosto si ripulisca il tratto di parete presso la lampada del Santissimo, che si ristucchino gli altari di S. Luigi e del Carmine e si restauri il pavimento alla Cappella di S. Giovanni. Tranne l'altar maggiore si rinnovino in tutto gli altri altari i fiori, si fornisca il confessionale a destra delle imagini del Crocefisso. Si procuri maggior nettezza al fonte battesimale e si faccia una decente cassetta per conservarvi i vasetti. Sia interdetto l'altare della Natività finchè non vi si riporrà nuova pietra sacra essendo rotta la presente. Si restauri l'ombrellino. Si fornisca di serratura e chiave l'armadio dei vasi sacri ed arredi e si ripongano alle finestre i cristalli mancanti. Si ripuliscano tutti i reliquiari e si proibisca la pubblica esposizione delle 2 cassette e del reliquiario. Da S. Anatolia in atto di Sacra Visita lì 18 giugno 1874 - Firmato Fr. Egidio Mauri»

In merito al restauro della chiesa l'abate Placidi promise al vescovo far venire quanto prima un ingegnere dal lago Fucino per consultarlo in proposito e segnatamente per combinare il modo di impedire l'umidità della chiesa.

Dopo aver visitato la chiesa di San Nicola il vescovo raggiunse il Santuario di S. Anatolia che riscuoteva una grande devozione «dal popolo e dai paesi limitrofi». «Coll'andar del tempo questa chiesa era quasi ruinata. Da qualche anno si è incominciata a restaurare colle elemosine dei fedeli. Ma non sono ancora ultimati i restauri. Monsignor vescovo raccomandò vivamente il sollecito proseguimento dei medesimi. Vi si continua a seppellire. Si spera però che si renda sepolcrale l'altra chiesa fuori del paese dell'Addolorata». La cura della chiesa era a carico dell'abate pro tempore e vi era un eremita per custode. «Monsignor Vescovo ha visitato personalmente questo Santuario e, ad onta dei restauri che vi si debbono ancora praticare, lo trovò atto ai divini uffici ed alla celebrazione della Santa Messa». Riguardo alla chiesa dell'Addolorata fu trovata «incompleta la fabbrica di essa». I sacerdoti ammisero che era improbabile che i lavori potessero proseguire: «Si vuole rendere sepolcrale invece del Santuario. Non vi si è mai funzionato nè celebrato».

Della chiesa di S. Maria del Colle ne rimanevano «solo le pareti, senza tetto, senza porta, senza altare». Il beneficio della chiesa era vacante. Per anni lo aveva amministrato la diocesana, da questa però nel 1865 era passato all'economato regio. La chiesa rurale di S. Lorenzo in Cartore era «quasi ridotta ad usi profani». Non vi si celebrava più. Della chiesa di S. Costanzo «non ne esiste più traccia alcuna». La confraternita del Santissimo Sacramento però faceva ancora soddisfare i «pesi annessi di messa una solenne e tre lette».

Nel Santuario di S. Anatolia vi era l'altare della Pietà. Questo possedeva un monte frumentario poi disperso e i beni erano soggetti alla congregazione di carità di Borgo Colle Fegato. Venivano amministrati però dall'abate pro tempore che documentò il regolare adempimento di quattordici messe a carico dell'abate e di otto messe per ciascun canonico. Il peso originario era di messa una ogni mercoledì per il defunto Fabio Di Domenico. Si ottenne una riduzione ad decennium, che cessò nel luglio del 1849. L'indulto di riduzione venne dal vescovo prorogato per un altro decennio. Sempre nel Santuario vi era l'altare della Santissima Madonna di Loreto che aveva il peso di messe dieci all'anno. Da sessant'anni era stato riunito al canonicato Falcioni. Dal 1860 lo possedeva l'economato regio di Città Ducale che, per assicurazione del sacerdote Panei, ne faceva annualmente soddisfare il peso di messe 12 all'anno.

Nella chiesa parrocchiale di San Nicola vi era l'altare della Madonna Santissima del Carmine, di jus patronato della famiglia Placidi, con il peso di due messe al mese e tre all'anno. Lo possedeva don Costantino Placidi che documentò, il regolare adempimento degli obblighi. Sempre nella chiesa parrocchiale vi era l'altare del Rosario posseduto dalla congregazione di carità di Borgocollefegato. «Non avendo esso natura di beneficio ma di beni annessi alla congregazione del Rosario, non si comprende come sia caduta in mano della congregazione rispettando almeno fin qui la legge ai beni delle compagnie. Questi però sono amministrati dall'abate pro tempore che rende conto alla congregazione. Pare non abbiano pesi di messe». Ancora nella chiesa parrocchiale vi era un beneficio di jus patronato della famiglia Spera intitolato a S. Giovanni Battista. Aveva il peso di una messa al mese. Era posseduto da molto tempo da don Franco Giorgi, parroco di Oricola. Questi lo ottenne quando era abate parroco di S. Anatolia. I sacerdoti assicurarono che il Giorgi aveva sempre  soddisfatto l'obbligo indicato.

Il beneficio semplice di San Leonardo in Cartore aveva il peso di venti messe all'anno. Lo possedeva don Angelo Scafati, in quanto riunito, circa novant'anni prima, al suo canonicato. Don Angelo documentò la fedele soddisfazione delle messe. Semopre in Cartore, i benefici di San Lorenzo, San Costanzo e San Nicola, con regio decreto del 17 ottobre 1836, furono a titolo di congrua riuniti alla parrocchia di S. Anatolia, dichiarata nello stesso decreto «di nomina regia». Don Costantino Placidi documentò il fedele adempimento dei pesi annessi ai tre benefici.

Dopo la riunione del terzo canonicato alla parrocchia, rimasero due i canonicati nella chiesa di S. Nicola. Il primo con l'obbligo di coadiuvare il parroco e di celebrare diciotto messe all'anno. Il canonicato era in possesso di don Angelo Scafati, vicario foraneo dal 1858. Questi documentò l'adempimento del peso. Il secondo canonicato era vacante e nel 1860 passò al canonicato regio. Il diritto di nomina dei canonicati dai Colonna passò al Re. Quindi divennero di patronato regio.

I libri parrocchiali furono trovati regolari ed approvati con qualche piccola osservazione in quanto ai cresimati. La casa parrocchiale non vi era stata mai e l'abate abitava in casa propria.

«Disbrigati gli affari di sacra visita in S. Anatolia i convisitatori inoltrarono a Sua Eccellenza Reverendissima il desiderio di visitare le vicine e storiche contrade de' Marsi e segnatamente il monumentale lavoro del prosciugamento del lago Fucino per opera ed a spese del Principe Torlonia. Sua Eccellenza annuì e vi si recarono di fatto. La sera del 16 trattenendovisi tutto il dì seguente rimanendosene monsignor vescovo in S.Anatolia. La mattina del 18 giugno, monsignor vescovo, celebrato di buon'ora l'incruento sacrificio nell'oratorio privato dei signori Placidi, in compagnia del vicario foraneo, de' suoi e di parecchi altri sacerdoti dei paesi vicini, si recò a Spedino».

Il vescovo Egidio Mauri il 18 settembre del 1887 fece una seconda visita a Sant'Anatolia, non qui riportata.

9. Chiese sepolcrali e cimitero di S.Maria 

Prima del 1877 tutti gli abitanti del paese venivano sepolti regolarmente presso la chiesa sepolcrale di S.Anatolia che si prestava meglio in quanto si trovava nella valle e distante dal centro abitato. Le case erano allora situate sulla collina intorno alla chiesa parrocchiale di San Nicola e al palazzo feudale. La chiesa di San Nicola, proprio per lo stesso motivo cioè la vicinanza delle case, non fù mai sepolcrale. In alcuni casi molto rari, coloro che morivano a Cartore venivano sepolti presso la chiesetta di S.Lorenzo. Il documento che ci consente con maggior chiarezza di capire quali siano le evoluzioni ed i cambiamenti riguardanti i luoghi di sepoltura è il «Libro dei Morti» anno 1875-1908 conservato nell'archivio della parrocchia di San Nicola (17).

S.Anatolia - Libro dei Morti 1975-1908 S.Anatolia - Libro dei Morti 1975-1908

Parrocchia: S. Nicola di Bari - in S.Anatola - Libro dei Morti - anno: 1875 - 1908
Acta Defunctorum - Ecclesiae Parochialis Sanctae Anatoliae - ab anno 1875

La prima persona che appare nel registro è Francesco Fracassi, morto il 2 gennaio del 1875 di anni 85, vedovo di Bernardina Fracassi (Libro dei Morti, 1). L'ultima è Giovanni Sgrilletti, morto il 7 dicembre del 1908 di anni 56, figlio di Vincenzo e Giuditta Peduzzi (Libro dei Morti, 717). In totale, nei 34 anni riportati nel registro, sono registrati settecento diciassette morti. Curioso è che per tutti quegli anni il parroco che registrerà gli atti sarà sempre lo stesso, don Giovanni Battista Panei, che si firmerà «Joanny Baptista Panei Abbas Parochus».

Nel registro rileviamo che l'ultima persona sepolta nella chiesa di S.Anatolia in maniera regolare e cioè prima che iniziassero i lavori di restauro, fu Giuseppe Stornelli figlio di Domenico e Bernardina Peduzzi, morto all'età di otto anni il 10 di aprile del 1877 (Libro dei Morti, 46). In seguito, la chiesa venne completamente restaurata ed i lavori durarono quasi dieci anni.

A lavori ultimati ci fu solamente un caso in cui, nonostante la sepolcrale fosse ormai divenuta la Madonna Addolorata, venne sepolta un'altra persona nella chiesa di S.Anatolia. Fu Antonio Placidi, figlio di Nicodemo e Maria Giovanna Argantini, morto il 6 dicembre del 1884 all'età di 66 anni. A commemorazione di questo personaggio, importante a Sant'Anatolia per essere uno dei protagonisti del restauro della chiesa, fu posta una lapide ma chi la scolpì fece un piccolo errore ed invece di scrivere la data di DICEMBRE, vi scolpì "VI SETTEMBRE MDCCCLXXXIV" (Libro dei Morti, 207).

2004 - Santuario di S.Anatolia

La prima persona che fu sepolta nella chiesa della Madonna Addolorata, nei registri: «Ecclesia rurali o sepolcrali Beatae Mariae Virginis Dolorosae», fu Gabriele Piccinelli figlio di Pietro e Vittoria Rubeis, morto il 20 maggio del 1877 all'età di 92 anni (Libro dei Morti, 47). L'ultima fu Rufina Scafati in Peduzzi, figlia di Sebastiano e Anatolia Scafati, morta il 12 gennaio del 1888 all'età di 70 anni (Libro dei Morti, 274). Dal 1877 al 1888 vennero sepolte presso la stessa chiesa 217 persone.

In quell'anno, a norma delle nuove leggi, leggi in realtà napoleoniche ma mai attuate, vennero ultimati i lavori per la costruzione di un cimitero condiviso tra la popolazione di S.Anatolia e quella di Torano. Il cimitero venne posto a metà strada tra i due paesi e venne chiamato cimitero di S. Maria, nei registri «Coemeterio di S.Mariae». La prima persona sepolta nel cimitero di S.Maria fu Pietro Vincenzo Falcioni, figlio di Nicola e Lucia Rosati, morto all'età di 86 anni il 15 febbraio del 1888 (Libro dei Morti, 275).

Pila mortuaria di S.Lorenzo in CartoreCome abbiamo già detto anche la chiesa di San Lorenzo in Cartore era sepolcrale ma nei 34 anni riportati nel registro vi furono sepolte solamente le seguenti 8 persone (nella fotografia: la pila mortuaria della chiesa di San Lorenzo):

  1. 28 maggio del 1876: Angela Boccia di anni 70, di Civita d'Antino (diocesi di Sora), moglie di Giovanni Panella;
  2. 3 ottobre del 1880: Nicola Lanciotti di anni 84, vedovo di Caterina Luce;
  3. 10 gennaio 1883: Pasquale Panella di anni 9, figlio di Luigi ed Angela Di Cesare;
  4. 11 gennaio 1883: Lucio Panella di anni 2, figlio di Luigi ed Angela Di Cesare;
  5. 13 marzo 1883: Luigi Luce di anni 5, figlio di Angelo e Angela Amanzi;
  6. 20 agosto 1887: Pasquale Panella di anni 1, figlio di Luigi ed Angela Di Cesare;
  7. 20 agosto 1887: Anatolia Lanciotti di anni 3, figlia di Bernardino e Rosa Argantini;
  8. 1 gennaio 1888: Luigi Panella di anni 50, di Civita d'Antino (diocesi di Sora), figlio di Giovanni e Angela Boccia, marito di Angela Di Cesare.

Per completare ciò che si rileva dal Libro dei Morti (anni 1875 -1908) riportiamo di seguito un elenco di persone native di Sant'Anatolia ma sepolte in altri luoghi:

  • Ubaldo Lanciotti, di 55 anni, figlio di Vincenzo e Francesca, morto il 12 novembre 1879 presso «La Maddalena», nella casa di Vincenzo Majanelli, viene sepolto nel cimitero di S.Martino a Magliano dei Marsi.
  • Giuseppe Panei, di 4 anni e sette mesi, figlio di Antonio e Maria Blasetti, morto il 15 novembre 1880 nella casa materna in Massa d'Albe, viene sepolto a Massa d'Albe.
  • Domenico Antonio Peduzzi, di 23 anni, figlio di Lorenzo e Caterina Amanzi, morto il 27 dicembre 1883 nell'ospedale militare di Mantova e ivi sepolto

Note

  1. Wikipedia Italia - Voce «Diocesi di Rieti - Cronotassi dei vescovi» - Link
  2. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 66 - 1828 Visita Ferretti - Link
  3. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 72 - 1832 Visita Ferretti
  4. Wikipedia Italia - Voce «Diocesi di Rieti - Cronotassi dei vescovi» - Link
  5. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 75 - 1832 Visita Curoli
  6. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 79 - 1851 Visita Carletti - Link
  7. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 75 - 1839 Visita Curoli
  8. Vincenzo SALETTA, S. Anatolia, Roma 1968, p. 114
  9. Andrea R. STAFFA, La topografia pievana del Cicolano nei secoli XI-XIV, inserito in: San Francesco nella civiltà medioevale, convegno di studi, Borgorose 18-19 dicembre 1982, p. 200
  10. Andrea R. STAFFA, L'assetto territoriale della Valle del Salto fra la tarda antichità ed il medioevo, inserito in: Xenia, semestrale d'antichità, 1 semestre 1987, vol.13, p.74
  11. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 75 - 1839 Visita Curoli
  12. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 79 - 1851 Visita Carletti - Link
  13. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 85 - 1874 Visita Mauri - Link
  14. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 87 - 1897 Visita Quintarelli - Link
  15. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 79 - 1851 Visita Carletti - Link
  16. Archivio della diocesi di Rieti - Visite pastorali - Cartella n. 85 - 1874 Visita Mauri - Link
  17. Archivio della Parrocchia di S. Anatolia - Libro dei Morti - Anno 1875-1908